Romano Prodi è tornato, almeno per qualche ora o chissà, alla ribalta delle cronache politiche. Lo ha fatto a modo suo, con il rancore di un uomo che avrebbe voluto vedere un Partito Democratico al governo e, invece, scorge a Palazzo Chigi la prima premier donna che di nome fa Giorgia Meloni. Proprio per contrapporsi alla sua manifestazione di Fratelli d’Italia, Atreju 2023, la segretaria dem Elly Schlein ha organizzato nello scorso fine settimana una due giorni di partito dedicata all’Europa.

Accusata di essere fuggita dal confronto – era stata invitata da Meloni a Castel Sant’Angelo – si è difesa sostenendo che non condividerà mai il palco con chi ha nostalgia del fascismo. Un mantra sempre buono per strappare un applauso a sinistra.

PD partito dell’establishment

A darle manforte ci ha pensato l’ex premier, che ha ironizzato sull’invito ad Atreju e sostenuto la necessità di confrontarsi nelle sedi opportune: il Parlamento. Prodi ha dato la sua benedizione a Schlein, che ritiene possa diventare la “federatrice del centro-sinistra”. La segretaria avrà apprezzato tanta generosità insita in quelle parole, mentre forse fatica a comprendere che si tratti di una polpetta avvelenata.

Dieci mesi fa, a sorpresa e contro i risultati dei circoli, Schlein vinse le primarie del Partito Democratico. Furono probabilmente due le ragioni che l’hanno portata a diventare numero uno del Nazareno: la voglia di riscatto del popolo di sinistra per essere rimasto indietro sulla leadership delle donne, un modo per replicare all’ingresso di Meloni a Palazzo Chigi; il desiderio di farla finita con un partito dell’establishment, che nei decenni è stato tutto, fuorché realmente progressista.

Ulivo tra privatizzazioni in stile russo e austerità

Prodi è un ricordo dolceamaro a sinistra. E’ stato l’unico capace di vincere – e per ben due volte, nel 1996 e nel 2006 – le elezioni politiche contro il centro-destra di Silvio Berlusconi.

D’altra parte, di lui non si ricordano esattamente misure popolari, certamente nessuna che il centro-sinistra possa rivendicare a sostegno delle fasce più deboli della popolazione italiana. Prodi fu il connubio perfetto tra una sinistra post-comunista desiderosa di andare al governo dopo essere stata relegata all’opposizione per mezzo secolo e un centro ammanicato con settori della finanza e della grande industria.

Ciò che oggi gli elettori del PD rimproverano al Nazareno è di essere stato esattamente questo: un partito delle élite. Schlein tuona contro i tagli alla spesa pubblica? Si faccia spiegare dal suo neo-mentore come attuali, compresi nella sanità. L’Ulivo prodiano fu artefice di una sciagurata campagna di privatizzazioni, capitanata dall’allora ministro dell’Economia, Carlo Azeglio Ciampi. Esse consistettero in maxi-svendite a favore di gruppi di capitalisti senza capitali e che tanti danni avrebbero provocato all’economia italiana. Basti pensare ai “capitani coraggiosi” di Telecom Italia e prima ancora alla vendita di colossi monopolistici come Enel. Con il centro-sinistra di marca prodiana al governo, monopoli pubblici divennero privati, a discapito prima dei consumatori e dopo dei contribuenti italiani.

Prodi iattura per Schlein

Il centro-sinistra di Prodi fu la massima rappresentazione delle politiche di austerità fiscale nel nome dell’Europa. Se Schlein considera restrittiva la Legge di Bilancio per il 2024, dovrebbe sapere che essa è nulla a confronto delle manovre del PD che fu con e dopo Prodi. Vero, l’ex premier divenne presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004, un ruolo alquanto prestigioso. E con quali risultati positivi per l’economia italiana, che negli ultimi trenta anni è cresciuta meno di tutte e ha registrato una crescita salariale reale dell’1%?

Schlein dovrebbe augurarsi che a sinistra abbiano una memoria così corta da avere dimenticato cosa abbia rappresentato Prodi per l’Italia. Non c’è nulla nelle sue politiche che possa anche solo lontanamente essere considerato incline a quell’equità sociale che l’attuale segretaria perseguita a parole.

E, soprattutto, il PD prodiano è detestato da larghi settori dell’opinione pubblica per avere creato un clima politico di subordinazione assoluta all’asse franco-tedesco. Davvero il nuovo corso del PD può anche solo segnalare di avere a che fare con l’origine dei mali del centro-sinistra? Se oggi non è rimasto un solo operaio a votarlo, bisogna ringraziare proprio Prodi. Un Re Mida al contrario. Politicamente, ha devastato tutto ciò che ha toccato.

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