Il secondo trimestre dell’anno non è stato positivo per l’economia italiana. Secondo la stima preliminare dell’ISTAT, il PIL italiano è sceso dello 0,3% rispetto al primo trimestre, pur salendo dello 0,6% su base annua. Nei primi tre mesi dell’anno, la variazione congiunturale era stata di +0,6% e quella annuale del +1,9%. A vacillare sono stati i settori primario e secondario, cioè agricoltura e industria. In espansione il terziario, vale a dire i servizi. Negativa la domanda interna, mentre il contributo delle esportazioni nette è stato nullo.

A seguito di questi dati, il PIL italiano acquisito al 30 giugno scorso risulta del +0,8% per quest’anno, in leggero calo dal +0,9% al 31 marzo. Ciò significa che, in assenza di variazioni congiunturali nei restanti due trimestri dell’anno, il PIL italiano crescerebbe dello 0,8%.

Le aspettative degli analisti erano per un dato invariato nel secondo trimestre. E’ andata peggio delle previsioni, sebbene i segnali di un deterioramento macro vi erano stati tutti. Giù la produzione industriale e il PMI manifatturiero. Non è complicato risalire alle cause. L’inflazione italiana resta tra le più alte nell’Eurozona, limitandoci alle grandi economie. Era al 6,4% a giugno contro una media dell’area del 5,5%. Il differenziale si è ristretto nel mese di luglio, quando è scesa al 6% contro una media dell’area al 5,3% e scendendo sotto i livelli tedeschi (6,2%).

PIL italiano debole con alta inflazione

L’alta inflazione sta erodendo pesantemente il potere di acquisto delle famiglie. Le retribuzioni continuano a crescere intorno all’1% nominale su base annua, non tenendo per nulla il passo con l’aumento dei prezzi al consumo. Dunque, il PIL italiano va giù a causa degli effetti dell’alta inflazione. Uno scenario simile a quello tedesco. La Germania ha registrato una crescita nulla nel secondo trimestre dopo due trimestri consecutivi in calo. Gli analisti si aspettavano una lieve ripresa, che ad oggi non c’è stata.

Nel terzo trimestre è probabile che il PIL italiano sia tornato a crescere grazie al turismo, mentre lo stesso non può dirsi per la Germania. In rallentamento la crescita anche in Spagna, dove resta decisamente positiva: +0,4% dal +0,5% (rivisto da +0,6%). Questi dati risentono certamente anche della stretta monetaria in corso da parte della Banca Centrale Europea (BCE) e necessaria proprio per contrastare l’alta inflazione. Tassi di interesse più alti colpiscono l’erogazione di prestiti e mutui e riducono sia gli investimenti delle imprese che gli acquisti di beni durevoli delle famiglie.

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