Cercheremo di riassumere questa ennesima strana storia d’Italia nel modo meno noioso possibile. In apparenza, sul PNRR si sta consumando uno scontro tra due istituzioni dello stato: da una parte il governo e dall’altra i giudici. E’ successo che qualche settimana fa, la Corte dei Conti ha pubblicato un rapporto corposissimo sui ritardi che l’Italia rischia di accumulare in merito ai fondi europei. Il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, forse se l’è presa ben oltre il dovuto.

Ha intravisto in quelle pagine una critica pretestuosa all’operato dell’esecutivo di cui fa parte. Se vogliamo essere sinceri, i giudici contabili non hanno espresso alcuna critica mirata. Hanno, invece, evidenziato come l’Italia in questi due anni sia riuscita perlopiù a spendere tramite l’erogazione di bonus che non aprendo cantieri.

Scontro governo-Corte dei Conti

I numeri ci dicono che i ritardi sono nati con il governo Draghi. A fine 2022, i fondi spesi con il PNRR erano stati solo 12 contro i 30 preventivati. Dunque, il governo Meloni eredita 18 miliardi da recuperare, a cui si aggiungono verosimilmente altri miliardi non spesi in questi cinque primi mesi pieni dell’anno. Poiché siamo una nazione ciecamente politicizzata, dobbiamo polemizzare anche sulle evidenze storiche. L’Italia non è mai stata in grado di spendere tutti i fondi europei assegnati. Ogni anno, ne rimandiamo indietro circa 5 su 10 miliardi. Figuratevi se fossimo in grado di spendere la media di 35 miliardi all’anno per sei anni. Non esiste, non siamo capaci. E moltissimo dipende dalla pessima Pubblica Amministrazione. Uffici da cui passa di tutto e che producono ben poco. Sarebbe facile prendersela con i suoi funzionari, la verità è che il sistema non va. E questo lo ammettono pure gli alieni.

Il governo ha cercato di reagire ai ritardi (e alle polemiche) sul PNRR sottraendo alla Corte dei Conti i poteri di controllo preventivi.

A suo dire, ciò farebbe risparmiare tempo nei rapporti con l’Unione Europea. I magistrati non ci stanno e rivendicano i poteri lo assegnati dall’art.100 della Costituzione. Noi vogliamo sorvolare sugli aspetti prettamente giuridici, che lasciamo a chi di competenza. Ne riconosciamo l’estrema importanza, specie se in ballo vi è la Carta. La questione è un’altra: parte della politica, dei media e della magistratura intravede nell’atto del governo una lesa maestà. I giudici dovrebbero potersi esprimere su tutte le misure adottate dall’esecutivo per evitare che vi siano sprechi o distrazioni di denaro pubblico ai danni dei contribuenti.

Responsabilità politica, non dei giudici

In teoria, tutto estremamente corretto. Passando alla realtà, discorsi di profonda ipocrisia. Per caso risulta a qualcuno di voi che l’Italia, pur con i mille controlli della Corte dei Conti, sia un paese che spende bene i soldi pubblici e in cui non esiste il malaffare? Se la risposta è affermativa, i critici hanno ragione. Poiché scommettiamo che la risposta non possa che essere negativa, dovrebbero avere il buon gusto di non stracciarsi le vesti a beneficio di telecamere.

In Italia, siamo così abituati all’idea che i politici siano irresponsabili, da dare per scontato che la gestione dei soldi pubblici spetti ad altri. Invece, in una democrazia sono proprio il Parlamento e il governo a doversi assumere la responsabilità “politica” di come si gestiscano le risorse dello stato. Se questo governo non si rivelerà in grado di spendere al meglio i fondi del PNRR, gli italiani sapranno giudicarlo alle urne. Funziona così ovunque. Chiaramente, altro discorso attiene ad eventuali commissioni di reato, per i quali esiste sempre la responsabilità penale in uno stato di diritto.

Flop PNRR, ritardi inevitabili

Da settimane, però, in Italia ci si azzuffa sulla Corte dei Conti come se finora i giudici siano stati in grado di sventare impieghi inefficienti e ritardi di spesa.

La politica stessa in buona parte concepisce sé stessa come sotto perenne scacco da parte di altri organi dello stato e istituzioni sovranazionali, non dei cittadini-elettori. Il PNRR sarà un flop molto probabile, non perché i governi di turno siano stati più o meno incapaci, bensì per l’inesistenza di una burocrazia all’altezza del compito.

Non solo. Dobbiamo ammettere che, specie in alcune aree del Bel Paese, manchino la visione e forse persino l’interesse ad impiegare risorse su progetti strutturali, che non siano esclusivamente elargizioni di prebende. E la cultura di un popolo non la si cambia a colpi di leggi e controlli. Ci vorranno generazioni per superare certo malcostume. Ammesso che il governo Meloni varerà una riforma ottimale della Pubblica Amministrazione, ci vorranno anni prima di toccarne con mano i risultati. Fino ad allora dobbiamo rassegnarci all’inevitabile perdita delle opportunità legate ai fondi europei non sfruttati. Questa è la realtà dei fatti, tutto il resto è pura fuffa.

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