Ancora la sanità al centro delle attenzioni della politica. Se da poco il governo nazionale ha varato un decreto per tagliare le liste di attesa, puntando sui servizi offerti dai privati, anche le regioni si attrezzano per cercare di rispondere alle richieste dei cittadini. In Toscana è il pronto soccorso l’oggetto dell’iniziativa legislativa del governatore Eugenio Giani. Anzi, si tratterebbe di implementare una legge regionale che già esiste, ma che non è stata ancora attuata, a differenza di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

In cosa consiste? Far pagare i turisti provenienti da fuori dell’Unione Europea e dallo spazio economico europeo per i servizi sanitari ricevuti.

Toscana vuole fare cassa

Secondo i calcoli, la sanità toscana potrebbe incassare fino a 15 milioni di euro all’anno. Soldi, che nelle intenzioni di Giani andrebbero a rafforzare il servizio pubblico, smaltendo tra l’altro le liste di attesa, consentendo di pagare meglio il personale medico e paramedico. In pratica, se un turista non UE (ad esempio, di Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone, ecc.) dovesse avere bisogno di ricorrere alle cure del pronto soccorso sul territorio toscano, dovrebbe pagare una somma di denaro.

L’idea non suona così balzana, specie all’estero, dove le persone sono abituate a pagare per ricevere servizi. Esistono già le polizze assicurative a copertura delle spese sanitarie per il caso si debbano ricevere cure mediche durante una vacanza all’estero. La Toscana non farebbe altro che rendere obbligatoria una pratica ormai molto diffusa tra i turisti, specie per ragioni di prudenza. E la pandemia ci ha insegnato quanto sia saggio premunirsi contro rischi che spesso sottovalutiamo quando mettiamo piede sul suolo straniero.

Non è privatizzazione della sanità

Qualcuno parlerà di “privatizzazione” della sanità. Il discorso è molto più pragmatico. La sanità assorbe risorse crescenti e i denari pubblici stanziati di anno in anno non bastano.

I flussi turistici, specie in alcune città e in dati periodi dell’anno, aumentano anche considerevolmente l’utenza. Basti essere capitati in un pronto soccorso d’estate per verificare quanti stranieri abbiano bisogno di cure, magari a seguito di incidenti o malesseri ordinari. E’ corretto che i contribuenti italiani paghino per offrire la sanità ai cittadini stranieri? Lo sarebbe in condizioni di reciprocità. Nessun problema nell’Unione Europea o in paesi come la Svizzera, con cui esistono accordi bilaterali.

Immaginate, invece, di recarvi negli Stati Uniti. Lì, la sanità è un servizio offerto dai privati e anche recarsi in un pronto soccorso può costare cifre esorbitanti, se non si è muniti di apposita polizza assicurativa. Sembra normale che venga richiesto altrettanto ai turisti americani, i quali risultano in fortissima crescita in Europa, specie in Italia. Servirebbe, comunque, un approccio nazionale alla materia. Un turista non conosce le distinzioni amministrative italiane. Non sa spesso se una città in cui alloggia si trovi in Toscana o in Emilia o in Liguria, ecc. Più logico che si legiferasse in maniera unitaria, sebbene sappiamo quanto la sanità sia diventato un servizio localistico con la regionalizzazione avvenuta nel 2001.

Pronto soccorso, turisti nel mirino

Nessuno immagini che simili iniziative smaltiranno la fila al pronto soccorso o le liste di attesa. E’ evidente che la politica cerchi di giustificare una misura altrimenti recepita con timore dalla cittadinanza, che teme di fare presto la fine dei turisti extra-UE. Servono quattrini e non ce ne sono senz’altro per offrire servizi sanitari anche a chi non paga un centesimo di tasse nel nostro Paese. D’altronde, questa è l’estate delle polemiche per il cosiddetto “overtourism” in tutto il Sud Europa. Sembra quasi che i turisti da risorsa siano diventati un problema ingestibile. Verità o sindrome da pancia piena? Nel dubbio, stangare.

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