C’è qualcosa che non funziona nella comunicazione della BCE, ieri è stata la volta del Pepp

La comunicazione della BCE è un disastro. L'ennesimo riscontro si è avuto ieri con l'annuncio del taglio dei riacquisti dei bond con il Pepp.
11 mesi fa
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Sul Pepp la BCE ha combinato un pasticcio comunicativo
Sul Pepp la BCE ha combinato un pasticcio comunicativo © Licenza Creative Commons

Giornata estremamente positiva per i titoli di stato nell’Eurozona e, in particolare, per i nostri BTp. Il rendimento decennale è arrivato a scendere sotto il 3,75%, perdendo circa un quarto di punto percentuale. E lo spread si è portato sotto 170 punti base o 1,70%. Viaggiava a quasi 210 punti meno di due mesi fa. La Banca Centrale Europea (BCE) ha mantenuto i tassi di interesse invariati all’ultimo board dell’anno, come da attese. Al contempo, ha annunciato il taglio dei bond riacquistati con il Pepp.

A partire dalla seconda metà del 2024, saranno scalati di 7,5 miliardi di euro al mese fino ad essere azzerati a fine anno. Fino a ieri, l’istituto di era impegnato a reinvestire le scadenze fino a tutto il 2024.

Taglio riacquisti Pepp

A conti fatti, i minori acquisti ammonteranno sopra 110 miliardi. Il mercato obbligazionario non l’ha presa male, avendo colto positivamente lo stop definitivo all’aumento dei tassi di interesse. Eppure sul Pepp si è rischiato l’incidente per la soluta confusione che la BCE è capace di generare. Soltanto una settimana prima, la tedesca Isabel Schnabel, che è consigliere esecutivo del board, dichiarava che sul programma si sarebbe aperto un dibattito “in un futuro non lontano”.

Possiamo discutere certamente sul significato di queste parole, ma certo che una settimana di tempo non possa considerarsi “futuro non lontano”. La BCE non aveva preparato il mercato ad una svolta simile, che effettivamente un po’ tutti si aspettavano sarebbe stata annunciata nei primi mesi del 2024 e magari ieri si sarebbe aperto formalmente solo il dibattito.

Nuove proiezioni macro

Le proiezioni macroeconomiche sono state riviste al ribasso su inflazione e PIL nell’Eurozona rispetto al settembre passato. Nell’ordine, inflazione, inflazione core e PIL:

  • 2023: 5,4% (5%)    — +0,6%
  • 2024: 2,7% (2,7%)  — +0,8%
  • 2025: 2,1% (2,3%)  — +1,5%
  • 2026: 1,9% (2,1%)  — +1,5%

Formalmente, il target d’inflazione al 2% sarà centrato nel corso del 2025. La BCE si aspetta che torni a salire dopo la discesa al 2,4% a novembre.

Come vediamo, la crescita economica è attesa debole fino a tutto l’anno prossimo. Da qui la decisione di arrestare l’aumento dei tassi, ma contraddetta parzialmente dal taglio al Pepp. Non si capisce per quale ragione questo non sia arrivato prima, quando sarebbe servito per ridurre la liquidità sui mercati e contenere così la crescita dei prezzi al consumo.

E’ evidente che si sia trattato di un baratto tra “falchi” e “colombe”: stop all’aumento dei tassi in cambio della fine anticipata del Pepp. Il punto è che sul piano della politica monetaria questo scambio ha poco senso. Poiché è quasi certo che nel corso del 2024 ci sarà il taglio dei tassi BCE, a quel punto avremo una situazione a dir poco confusa. Da un lato il costo del denaro scenderà, dall’altro Francoforte lo sosterrà attraverso minori acquisti di bond. Come dire che un automobilista cerchi di frenare e accelerare allo stesso tempo.

Comunicazione BCE confusa

Ma, ripetiamo, il vero problema emerso dal board di ieri è che la strategia comunicativa della BCE fa acqua da tutte le parti. Così come l’istituto passò in quattro e quattr’otto dal definire l’inflazione un fenomeno “transitorio” a lanciare l’allarme carovita, adesso sta segnalando ai mercati che ritiene adeguate le misure sin qui adottate per centrare la stabilità dei prezzi e al contempo insufficienti, visto che tra poco più di sei mesi accelererà la riduzione del bilancio.

Se ci pensiamo, qualcosa di simile è accaduto con la fine degli acquisti condotti con il Quantitative Easing. In teoria, sarebbe dovuta arrivare dopo un “periodo congruo” dall’inizio dell’aumento dei tassi, ufficiosamente considerato di circa sei mesi. Invece, il programma cessò nello stesso mese in cui fu avviata la stretta monetaria, vale a dire nel luglio del 2022. Vero è che nei mesi precedenti gli acquisti netti erano stati gradualmente ridotti.

Ma a cosa serviva la “forward guidance“, se nei fatti è stata disattesa alla prima occasione utile? E’ stata rimpiazzata da un approccio “data dependent”, che resta poco convincente alla luce di quanto visto ieri. E’ come se la BCE fosse colta costantemente di sorpresa dagli eventi. Se aggiungiamo anche la scarsa capacità previsionale che emerge dal confronto tra proiezioni macro e dati reali, capiamo quanto l’istituto sia poco affidabile per chi investe e le stesse famiglie.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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