Quanto avrei oggi in portafoglio se 5 anni fa avessi investito in Bitcoin?

La corsa strepitosa della "criptovaluta" ha esitato negli anni rendimenti stratosferici per chi ha creduto in tempo a questo nuovo business. Deludente la performance di qualche altra asset class.
4 anni fa
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Bitcoin, corsa sfrenata e rendimenti alle stelle

Domenica sera, il Bitcoin ha toccato un nuovo massimo storico, superando i 58.000 dollari e oltrepassando la capitalizzazione totale di 1.000 miliardi. La corsa della “criptovaluta” non si arresta e i guadagni quest’anno sono arrivati a sfiorare il 100%. L’ingresso degli investitori istituzionali su questo nuovo mercato sin dallo scorso autunno sta accrescendone l’appeal. Nelle settimane passate, Tesla vi ha investito 1,5 miliardi di dollari e già oggi si ritroverebbe a bilancio una plusvalenza virtuale nei pressi di 1 miliardo, più dell’intero utile netto maturato nel 2020 attraverso la vendita di auto elettriche.

C’è chi definisce Bitcoin il “nuovo oro”, ma al di là del parossismo che spesso s’intravede nell’approccio al mondo delle monete digitali, sta di fatto che chi negli ultimi anni vi ha riposto fiducia, oggi ne riscuote i benefici. Vi siete mai chiesti quanto avresti oggi in portafoglio se avessi investito anni fa in Bitcoin? Chiaramente, moltissimo dipende dalla data dell’acquisto, trattandosi di un asset estremamente volatile. Se riportassimo indietro le lancette dell’orologio di 5 anni, potremmo comprare la “criptovaluta” per poco più di 420 dollari.

Immaginiamo che nel febbraio del 2016 abbiamo messo su un portafoglio composto per il 40% di azioni, per il 30% di obbligazioni, per il 25% di oro e per soltanto il 5% di Bitcoin. Quest’ultima asset class ci avrebbe reso il 12.900%, qualcosa come quasi il 265% medio all’anno. Infatti, investendoci 1.000 dollari ne avremmo oggi sul conto 130.000, cioè 129.000 in più. Ah, saperlo!

Mercato dei Bitcoin a quasi 1.000 miliardi di dollari, i prezzi corrono sulla ricerca di un “nuovo oro”

Decisivo il peso dei Bitcoin nel portafoglio d’investimenti

Molto meno redditizio sarebbe stato l’oro, che eppure in 5 anni è salito del 45%, pari a una media annua del 7,7%. Molto bene le azioni. L’indice S&P 500, che capta l’andamento delle 500 principali società quotate negli USA, ha messo a segno un rialzo del 100% tondo in 5 anni, pari a poco meno del 15% medio all’anno.

Infine, il comparto obbligazionario. Se avessimo comprato solo BTp a 5 anni, oggi avremmo maturato un guadagno miserrimo dell’1,5%. Molto meglio se avessimo investito nel corporate, specie americano. Le obbligazioni con rating BBB ci avrebbero corrisposto un rendimento medio lordo annuo del 4,50%.

In generale, l’unica asset class che avrebbero esibito rendimenti reali negativi sarebbe stata quella obbligazionaria sovrana, pur a fronte di un’inflazione cumulata in Italia di poco superiore al 3% nel periodo. Ponderando i suddetti rendimenti, il nostro portafoglio ci avrebbe reso circa il 700%, anche se per quasi il 93% alimentati dai soli Bitcoin. Sarebbe stata una media di oltre il 51% all’anno. Attenzione al fatto che tre delle quattro classi di investimento presentano il rischio di cambio, essendo assets denominati in dollari. Ma il +12% circa segnato nel frattempo dal cambio euro-dollaro sarebbe ben poca roba dinnanzi ai numeri che vi stiamo elencando.

Chiaramente, data la sproporzione del rendimento dei Bitcoin, il suo peso nel portafoglio modificherebbe enormemente in risultati anche con piccole variazioni. Ad esempio, se vi avessimo investito solo l’1%, il rendimento complessivo sarebbe imploso a circa il 180%. Viceversa, se avessimo elevato la relativa quota al 10%, esso si sarebbe impennato in area 1.340%. Chiaramente, più alta l’esposizione verso i Bitcoin, più alto il rischio di volatilità dell’intero portafoglio. Tuttavia, con percentuali minoritarie, anche con un tracollo verticale delle sue quotazioni saremmo stati in grado di preservare il capitale.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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