Le elezioni legislative in Francia hanno esitato un’Assemblea Nazionale senza maggioranza assoluta per nessuna delle tre principali coalizioni in campo. Il Nuovo Fronte Popolare è arrivato primo, ma con 180 seggi, lontanissimo dai 289 necessari per governare da solo. E al suo interno risulta diviso, tant’è che ci si chiede se la coalizione improvvisata per il voto anticipato esista ancora. Può cantare mezza vittoria il presidente Emmanuel Macron, che con 163 seggi conquistati ha tenuto meglio delle previsioni, superando tra l’altro il Rassemblement National di Marine Le Pen, finito terzo con 143 seggi.

Ma le agenzie di rating hanno appena avvertito l’Eliseo di avere messo la Francia nel mirino. Non c’è molto tempo per formare il nuovo governo, spiegano, perché servono certezze per continuare ad assegnare al debito pubblico i giudizi di cui gode attualmente.

Rating Francia in bilico tra pensioni e deficit

Ieri, S&P aveva messo in guardia sulle politiche del prossimo governo in materia di economia e bilancio. Oggi è arrivato l’avvertimento di Moody’s, secondo cui disfare la riforma delle pensioni avrebbe conseguenze sul rating assegnato alla Francia. C’è incertezza, spiega, circa la capacità per nel prossimo esercizio di ridurre la spesa pubblica e/o di aumentare le entrate.

La Francia gode ancora di rating elevati, forse un po’ troppo generosi per le sue condizioni fiscali: AA- per S&P e Fitch, Aa2 per Moody’s. Nei mesi scorsi, le prime due agenzie hanno ridotto il loro giudizio di un gradino. I rendimenti sovrani sono rimasti sostanzialmente stabili dopo i ballottaggi di domenica scorsa, pur in risalita rispetto a prima che Macron sciogliesse l’Assemblea Nazionale. Lo spread con la Germania si è allargato ai 67 punti base (0,67%) attuale, un livello affatto preoccupante in sé e inferiore all’apice degli 84 punti toccati dopo l’annuncio choc di Macron la sera del 9 giugno scorso.

Parlamento nel caos, sinistra già divisa

E’ molto probabile che il presidente intendesse arrivare proprio a questo punto, cioè ad un Parlamento nel caos, così da ritagliarsi nuovi margini di manovra per influenzare la nascita del prossimo esecutivo. Il premier uscente Gabriel Attal ha rassegnato le dimissioni, ma è stato invitato da Macron a restare al suo posto finché sarà necessario. Pare che l’Eliseo punti a mantenere l’attuale situazione almeno fino alla fine dei Giochi Olimpici, che si terranno nelle prossime settimane a Parigi. Tuttavia, non è detto che le agenzie di rating concedano alla Francia così tanto tempo.

Quali gli scenari prevedibili? Il Nuovo Fronte Popolare entro pochi giorni si è impegnato a trovare un nome da presentare a Macron come primo ministro. Dobbiamo escludere che nella lista dei papabili vi sia quello di Jean-Luc Mélenchon, il quale non raccoglierebbe consensi neppure nella stessa sinistra a causa del suo estremismo e dei sospetti di antisemitismo nei suoi riguardi. In lizza vi sarebbero il socialista Raphaël Glucksmann e la verde Marine Tondelier. Ma avanza anche la candidatura dell’ex presidente François Hollande, appena tornato in Parlamento dopo avere abbandonato la politica attiva nel 2017.

Varie formule per nuovo governo

Solo con il consenso dei centristi sarebbe possibile la nascita di un nuovo governo. Dunque, il nome del premier dovrà risultare digeribile da Macron. Un altro scenario punterebbe a creare una sorta di governo delle larghe intese con l’alta moderata del Nuovo Fronte Popolare (i socialisti e forse i verdi), i centristi macroniani e i Républicains anti-lepenisti. Anche in questo caso il problema sarebbe il nome del premier su cui convergere. In lizza i soliti Glucksmann e Tondelier, ma non sarebbe da escludersi il governatore della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, a capo di un esecutivo “tecnico” o tecnico-politico in stile italiano.

Quale che sarà la soluzione, bisogna fare in fretta. I mercati sinora si sono mostrati pazienti, anzi contenti che Le Pen non abbia vinto e nessun altro abbia conquistato la maggioranza assoluta. Ma alla lunga l’incertezza peserà sugli umori di tutti. Cosa farà la Francia in materia fiscale? Proseguirà l’iter delle riforme avviato da Macron o possiamo considerarlo cessato dopo le europee? E sarà un qualsiasi governo capace di fare un minimo di austerità (impopolare), avendo contro da un lato Le Pen e dall’altra Mélenchon?

Rating Francia sotto pressione con instabilità politica

Il rating della Francia rischia ulteriori declassamenti entro fine anno. Se accadesse, per Parigi diverrebbe verosimilmente più costoso indebitarsi e nel tempo la spesa per interessi aumenterebbe e con essa il disavanzo fiscale. Se, poi, anche la crescita del Pil deludesse le già deboli aspettative, il debito pubblico verrebbe percepito ancora meno solido con l’inevitabile conseguenza di provocare una fuga dei capitali privati. Parigi rischia di essere associata ai vecchi Pigs. Anzi, già oggi il Portogallo offre rendimenti persino inferiori lungo la curva, segnale che il mercato lo giudichi un emittente meno rischioso della Francia. E’ la fine di una lunga tregua, durante la quale la politica transalpina si era illusa di far parte dei paesi “frugali” del Nord Europa, almeno sul piano della percezione. I fatti stanno finalmente prendendo il sopravvento sulle belle parole. Macron pensa di averla spuntata ancora una volta, ma adesso si ritrova senza soluzioni credibili a gestire una crisi politica aperta dal suo stesso ego ipertrofico.

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