Nel mese di novembre il tasso di occupazione in Italia è rimasto al record del 61,8%, ma è cresciuto di altri 30.000 unità il numero delle persone al lavoro, raggiungendo il nuovo massimo storico di 23 milioni 743 mila. Su base annua, parliamo di una crescita di 520 mila, così formata: +551 mila lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, +26 mila autonomi e -57 mila contratti a termine. Scende, invece, di 71 mila unità il numero dei disoccupati. Il tasso di disoccupazione arretra al 7,5%, mai così basso dall’aprile del 2009. In forte calo anche gli inattivi, cioè coloro che non lavorano e che non cercano alcun impiego attivamente: -459 mila al 33,1%, pur in risalita su base mensile.

Mai così tante donne al lavoro

L’occupazione record è certamente una buona notizia per il mercato del lavoro italiano, che resta ben sotto la media europea. Anzi, il nostro tasso di occupazione ci vede ultimi in Europa, persino sotto paesi come Grecia e Spagna. La media nell’area era del 77,4% nel terzo trimestre dello scorso anno. E le distanze sono elevatissime riguardo all’occupazione femminile. Mentre nel continente sfiora il 70%, a novembre in Italia risultava in aumento al 52,9%.

Anche in questo caso, però, si è trattato di un nuovo massimo storico sia in termini percentuali che in valore assoluto. Sono 10 milioni e 49 mila le donne al lavoro, in aumento annuale di 257 mila unità. In pratica, circa la metà dei posti di lavoro creati nell’ultimo anno è andata proprio alle donne. Tra gli uomini, il tasso di occupazione rimane stabile al 70,8%: +262 mila. E tra i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni, si attesta al 20,2% dal 20% di un anno prima. La media europea supera il 35%, in Germania è sopra il 50%.

Occupazione record, ma triplo gap da colmare

Questi numeri sono incoraggianti, ma non devono farci dimenticare che dobbiamo colmare un triplo gap: tra occupazione femminile italiana ed europea; tra occupazione giovanile italiana ed europea; tra occupazione settentrionale e meridionale.

Ciò premesso, dobbiamo guardare con soddisfazione ad un dato sopra ogni altro: il calo del tasso di inattività. Ad ottobre era sceso al minimo storico del 32,9%, risalendo al 33,1% a novembre. Resta altissimo, ma la contrazione costante negli ultimi anni ci fa comprendere che gli italiani siano maggiormente propensi al lavoro.

Il governo Meloni potrà rivendicare i buoni risultati nel suo primo anno di operato. Impossibile affermare a priori che siano merito suo, anche perché la tendenza positiva va avanti da anni, pur essendo stata interrotta dalla pandemia. Una cosa sembra possibile dirla, comunque: puntare sul lavoro e ridurre la dipendenza dai sussidi risultano essere la strada da percorrere per migliorare le condizioni dell’occupazione e retributive. Gli stipendi dei lavoratori italiani sono fermi da oltre trenta anni in termini reali. Non è accaduto in nessun’altra economia del mondo occidentale. Solo la piena occupazione farebbe da molla per aumentare il potere contrattuale dei lavoratori. Siamo lontani da quel punto, specie al Sud.

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