Bisogna munirsi di un’overdose di pazienza per non cadere nella trappola delle tifoserie urlanti quando si parla di provvedimenti come l’Autonomia differenziata. Da alcuni giorni a questa parte, c’è mezza Italia che s’indigna, si straccia le vesti e paventa la fine dell’unità nazionale dopo che la Camera ha approvato in via definitiva il provvedimento del ministro delle Riforme, Roberto Calderoli. Le opposizioni, che fanno il loro lavoro di contrastare le misure volute dalla maggioranza, si sono scatenate in una crociata che ha del surreale.

In primis, perché l’introduzione del cosiddetto “regionalismo differenziato” fu prevista all’art.116 della Costituzione proprio dal centro-sinistra con la riforma del Titolo V nel 2001.

Autonomia differenziata voluta da centro-sinistra nel 2001

Quella riforma, tra le altre cose, affidò la gestione del servizio sanitario alle regioni in via esclusiva. Va detto per capire la bontà delle argomentazioni di chi oggi si strappa i capelli dinnanzi a differenze tra Nord e Sud che con le sue politiche ha nei decenni aiutato forse ad ampliare. Tornando all’Autonomia differenziata, quindi, siamo dinnanzi a una previsione già contenuta nella Carta. La riforma Calderoli sta semplicemente mettendo nero su bianco le regole da seguire. Le regioni a statuto ordinario, ove lo vorranno, potranno richiedere allo stato di gestire in via esclusiva fino a 23 tipi di servizi o competenze. La “rossa” Emilia-Romagna negli anni scorsi ne fece richiesta insieme a Lombardia e Veneto.

Non c’è alcuna secessione dei ricchi

Qual è la principale critica all’Autonomia differenziata? Così si finisce per creare una sorta di “secessione dei ricchi”. Il Sud rimarrà privo di risorse. Trattasi di una fake news. Strano che se ne faccia veicolo quella stampa che fino a due anni fa faceva le pulci a tutti sulle inesattezze riportate riguardo alla pandemia. Perché è una bugia? Ve lo spieghiamo in maniera semplice.

Poniamo che la regione X chieda allo stato di gestire in proprio l’istruzione. Completato l’iter, ottiene tale concessione fino a dieci anni e rinnovabile. Allo scopo attingerà alle stesse risorse sinora avute a disposizione, calcolate con il metodo della spesa storica. In pratica, la regione ha speso 100 per la scuola e avrà il diritto di trattenere direttamente quel 100 (con il tempo ci sarà l’ovvio ricalcolo per via dell’inflazione) dal gettito fiscale.

Capite benissimo, se non siete fanatici imboccati con il cucchiaio dell’ideologia, che il Sud non perderà proprio un bel nulla. Le regioni che otterranno l’ampliamento di determinate competenze, le finanzieranno con gli stessi denari utilizzati fino ad oggi. Anziché arrivare a Roma un gettito pari a 1.000 dalla regione X, arriverà 900, in quanto 100 saranno trattenuti per gestire l’istruzione. In cambio, però, Roma non dovrà pagare 100 per erogare il servizio nella regione X. Se la matematica non è un’opinione, l’Autonomia differenziata non spacca il Bel Paese.

Reddito di cittadinanza vera divisione tra Nord e Sud

E allora a cosa si deve tanta resistenza al Sud? Un po’ per ignoranza. Molti amministratori locali sono realmente convinti delle panzanate che affermano. Questo, se volete, è ancora peggio di essere in mala fede. Non c’è cura per l’ignorante inconsapevole di esserlo. Aggiungiamoci anche una dose di frustrazione. Le regioni del Sud temono che l’Autonomia differenziata accentui la consapevolezza dei cittadini riguardo alle loro incapacità gestionali. Poiché non sono in grado di gestire alcunché nella quasi totalità dei casi, come fanno a giustificare il fatto che le regioni del Nord chiedano nuove competenze e magari riusciranno ad erogare ai loro cittadini servizi ancora migliori?

Non è l’Autonomia differenziata a spaccare l’Italia, bensì la cultura propinata dai fautori del reddito di cittadinanza.

C’è una parte della politica nazionale, che sostanzialmente da anni ci dice questo: “sapete cosa c’è? Siccome il Meridione non ha speranza alcuna di svilupparsi e creare lavoro, lasciate che viva di sussidi”. Fatto salvo che il contrasto alla povertà sia sacrosanto, questa forma mentis divide l’Italia, con un Nord che si sente trainante dell’economia e al contempo rallentato da un Sud a rimorchio senza prospettive e semplice consumatore di risorse pubbliche.

Autonomia differenziata indispone politici del Sud

La descrizione dell’Autonomia differenziata è stata volutamente schematica. Premessa necessaria affinché qualche solone costituzionalista non cada dalla sedia dopo veloce lettura. Ma il senso è questo. Le regioni sono già oggi di serie a e b. Il centralismo non ha risolto alcunché dopo ben 163 anni dall’Unità d’Italia. Sarebbe il caso che percorressimo qualche via differente per provare a dare soluzione a un problema che non si vuole mai realmente risolvere. Il Sud è povero (per fortuna molto meno di quanto lascino intendere le statistiche) perché così lo vogliono chi lo amministra. Le classi dirigenti locali sono modeste, spesso poco inclini al rispetto delle leggi, parassitarie, senza visione e produttrici di molti bla bla e pochissimi fatti. E’ normale che si oppongano ad una gestione diretta di alcuni servizi da parte delle regioni più efficienti. Salterebbe all’occhio tutta la loro infinita mediocrità.

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