Il reddito di cittadinanza resta e sarà potenziato dal prossimo anno, dopo che il governo Draghi ha stanziato un altro miliardo a favore del sussidio, portandone la dotazione complessiva a 9 miliardi di euro per il 2022. Tuttavia, lo stesso esecutivo si mostra insoddisfatto dei criteri fissati per percepire e mantenere l’assegno mensile. Anzitutto, gli importi saranno rivisti più favorevolmente alle famiglie con figli minorenni, ma allo stesso tempo ci sarà maggiore severità nei controlli, i quali diverranno preventivi. E minore tolleranza sarà riservata a coloro che rifiuteranno offerte di lavoro definite congrue.

Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha incaricato alcuni esperti di studiare alcune modifiche per migliorare il reddito di cittadinanza e renderlo meno un disincentivo all’occupazione. La commissione, presieduta dalla sociologa Cinzia Saraceno, ha individuato diverse aree critiche da rivedere. Noi ve ne proponiamo due, perché ci sembrano effettivamente di maggiore interesse.

La prima riguarda la possibilità di cumulare redditi da lavoro con il reddito di cittadinanza. Ad oggi, è prevista con limitazioni stringenti: chi percepisce un reddito da lavoro si vedrà decurtato l’assegno dell’80% del relativo importo. Ad esempio, se guadagno 300 euro al mese per svolgere qualche lavoretto, il mio sussidio mi sarà tagliato di 240 euro. In questo modo, si incentivano i beneficiari o a non lavorare o a farlo in nero per conservare il sussidio.

Reddito di cittadinanza, le due riforme chiave

Gli esperti suggeriscono quanto segue: ridurre il taglio al 60% fino al raggiungimento delle soglie massime per la “no tax area”: 8.174 euro all’anno per i lavoratori dipendenti e 4.800 euro per i lavoratori autonomi. Superate tali soglie, l’assegno sarebbe scalato del 100%. Nell’esempio di cui sopra e sotto i limiti indicati, il percettore del reddito di cittadinanza perderebbe solamente 180 euro sui 300 euro guadagnati lavorando. Visto così, il sussidio potrebbe trasformarsi in una sorta di sostegno ai redditi bassi.

Altra possibile riforma: i percettori possono prelevare contante con la carta del reddito di cittadinanza fino a 100 euro al mese, moltiplicati per il numero dei componenti familiari secondo la scala di equivalenza. Inoltre, essi sono tenuti a spendere tutto l’importo accreditato per non subire decurtazioni nei mesi successivi. Questi criteri mirano rispettivamente a contrastare l’economia sommersa e ad evitare di erogare il sussidio a chi non ne ha bisogno. Tuttavia, si tratta di previsioni ingiuste e persino diseducative. Non tutte le spese sinora sono pagabili con la carta. Se compro la frutta da un venditore ambulante o devo dare i soldi a mio figlio per comprare la merenda, ho bisogno di contanti.

Allo stesso tempo, perché mai un beneficiario dovrebbe spendere l’intero importo in un mese, quando magari potrebbe risparmiare per fronteggiare spese maggiori il mese successivo? Ci sono scadenze bimestrali o trimestrali come la bolletta della luce, altre ancora meno frequenti, come la tassa sui rifiuti, la bolletta dell’acqua, ecc. Gli esperti propongono di abolire l’obbligo di spendere l’intero importo, al contempo riducendo le restrizioni all’uso del contante. Adesso, dovrà essere il ministro a farle eventualmente proprie e a suggerirle ai colleghi del governo o direttamente al Parlamento per discuterle.

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