Grandi manovre in accelerazione sulla compagnia telefonica. Il fondo americano Kkr avrebbe deciso di anticipare i tempi per la presentazione dell’offerta vincolante per rilevare NetCo, la società a capo della rete Tim. C’è tempo ufficialmente fino alla fine di settembre, ma l’intenzione sarebbe di chiudere entro agosto. Non sarà semplice. Gli americani stanno andando a caccia di prestiti bancari per 10,5 miliardi, somma che salirebbe nel caso in cui l’offerta fosse innalzata sopra i 23-25 miliardi preventivati. Difficile, però, che gli istituti di credito possano sborsare una cifra così elevata in pieno periodo vacanziero.

La buona notizia per Kkr sarebbe che Vivendi, al 23,75% dell’ex monopolista, avallerebbe finalmente la cessione della rete Tim. Non vorrebbe ritrovarsi contro il governo italiano, anche se tratta sui numeri. Non è più tanto il valore dell’offerta al centro delle attenzioni dei francesi. Essi pretenderebbero non meno di 31 miliardi, ma alla fine cederanno per una cifra intorno ai 25 miliardi. Stanno spingendo, però, per accollare a NetCo 32.000 dei 40.000 dipendenti attualmente in organico. In questo modo, sperano di risanare i conti di ServCo, cioè la compagnia che gestirà il servizio telefonico senza il possesso più dell’infrastruttura.

Ingresso diretto del Tesoro nel capitale

Nell’operazione s’inserirebbe il Tesoro. Ufficialmente, la sua “longa manus” è già Cassa depositi e prestiti, presente nel capitale della compagnia con quasi il 10% del capitale. Tuttavia, CDP detiene anche il 60% di Open Fiber, la società con cui NetCo verrebbe successivamente fusa per costruire un unico operatore per la fibra ottica. L’operazione rischia di essere attenzionata dall’Antitrust europeo. Per evitare tale scenario, il Tesoro acquisirebbe direttamente il 15% della rete Tim. Un altro 20% andrebbe a F2i. Kkr punta a detenere la maggioranza assoluta del capitale.

Non sarà facile neppure questa operazione. Anzitutto, costerebbe allo stato sui 3 miliardi di euro. Superato tale scoglio, affatto semplice, ve ne sarebbe un altro di natura regolamentare: l’Antitrust europeo potrebbe impugnare l’ingresso nel capitale di NetCo in quanto “aiuto di stato”.

Dunque, serve anche sul piano dell’immagine configurare il tutto come un’operazione di mercato.

Rinazionalizzazione più vicina

F2i agirebbe da alleato del Tesoro. In sostanza, lo stato avrebbe una partecipazione diretta e indiretta del 35%. Una volta completati gli investimenti per la fibra ottica sul mercato domestico, Kkr rivenderebbe la quota ad un valore presumibilmente molto superiore al costo d’acquisto. A quel punto, la rete Tim rimarrebbe sotto il controllo dello stato italiano, pur con una quota minoritaria. Di fatto, quello di queste settimane sarebbe un capitolo interlocutorio per arrivare alla ri-nazionalizzazione dell’infrastruttura a distanza di quasi un trentennio dalla privatizzazione.

Sul piano politico l’operazione è stata condivisa dai diversi schieramenti. Fu il governo di centro-sinistra a guida Paolo Gentiloni nel 2018 ad avviare la scalata di Tim tramite l’ingresso nel capitale di CDP. I successivi governi Conte e Draghi hanno posto anch’essi l’accento sulla necessità che la rete Tim torni sotto il controllo statale per essere sottratta agli investitori stranieri. Ragioni di opportunità, trattandosi di un asset strategico nazionale. Per il centro-destra la questione è ancora più prioritaria, dato che attualmente il socio principale della compagnia è francese. Non è un mistero che il governo Meloni abbia rapporti non brillanti con Parigi, compresi i poteri finanziari transalpini.

Vivendi resterà senza rete Tim

Vivendi ha dal canto suo la necessità di salvare il salvabile. La sua campagna d’Italia di questi anni è stata un gigantesco flop. Tentò inutilmente la scalata a Mediaset, ritrovandosi contro le autorità giudiziarie e il potere politico. Con la morte di Silvio Berlusconi e il lascito in eredità della maggioranza in Fininvest ai figli Marina e Piersilvio le chance di spodestare il Biscione dal controllo sono sfumate del tutto.

Ora che la rete Tim sta per essere ceduta, la famiglia Bolloré si ritrova a capo di un asset privo del suo valore strategico e finanziario ipotizzato all’atto dell’ingresso nel capitale.

Ci sono aspetti da non sottovalutare nella vicenda. Senza rete Tim, ServCo riuscirà ad operare come un qualsiasi gestore telefonico? Sul groppone rimarranno debiti per 15 miliardi di euro, ma potranno in larga parte essere abbattuti grazie ai 10 miliardi cash che Kkr pagherà alla società cedente. Ciò allevierebbe l’enorme spesa per interessi, che nel 2022 ha superato gli 1,1 miliardi di euro netti. E solo se la compagnia smetterà di bruciare cassa e tornerà all’utile, potrà avere un futuro.

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