Le opposizioni continuano ad incalzare il governo sul salario minimo di 9 euro l’ora. La proposta presentata da tutti i gruppi non di maggioranza, ad esclusione di Italia Viva, non piace al centro-destra. La premier Giorgia Meloni ribadisce che non si sente convinta circa il funzionamento di una legge, che ha un bel nome e che rischia, tuttavia, di non funzionare.

Rischio appiattimento salariale

Sarebbe troppo facile per il governo rispedire al mittente la proposta notando come le opposizioni che oggi scalpitano per approvarla, non abbiano mosso un dito sul tema quando erano maggioranza parlamentare.

Il salario minimo è diventato un vessillo ideologico da sventolare per una sinistra a caccia di lavoratori da recuperare tra il proprio elettorato. I 9 euro all’ora equivarrebbero a uno stipendio mensile lordo di almeno 1.500 euro. Già capite da questa cifra perché non funzionerebbe. In Italia, specie al Sud, percepire questa busta paga non è da tutti. Cosa accadrebbe se si fissasse tale retribuzione come livello minimo? Chi oggi guadagna un po’ di più, riceverebbe anch’egli un aumento o finirebbe per guadagnare quanto quelli che oggi guadagnano di meno?

Non è un caso che il salario minimo sia fissato ovunque per legge a livelli nettamente inferiori rispetto alla media nazionale. Solo in questo modo si può impedire che scoraggi le assunzioni e che provochi un appiattimento salariale. L’apertura di Meloni può essere considerata solo tattica, volta cioè a segnalare agli italiani che il governo non si tira indietro su un tema così delicato. O può anche essere un modo per mettere in difficoltà gli avversari. Questi confidano che il centro-destra non approvi mai una proposta simile. E se si sbagliassero?

Se un giorno ci svegliassimo con la notizia che la maggioranza approvi una sua versione del salario minimo? Sarebbe un boomerang per Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.

Sotto il loro governo non sarebbero riusciti a votare una legge varata, a quel punto, dal centro-destra. A poco servirebbe urlare ai quattro venti di esserne stati proponenti. Il dato politico sarebbe che la sinistra abbia fatto solo chiacchiere. Ma le ripicche politiche non varrebbero la pena. I rischi per l’economia italiana connessi all’introduzione salario minimo sovrasterebbero i possibili benefici.

Salario minimo escamotage politico inefficace

C’è un’ipocrisia di fondo nel dibattito pubblico. I fautori del salario minimo pretendono di farci credere che le retribuzioni dei lavoratori possano aumentare per legge. Se così fosse, perché non fissare a 15 o 20 euro l’ora la paga minima? Immaginate per un attimo di essere un imprenditore che paga al dipendente 800 euro al mese, la media di circa 4,50 euro all’ora. Se lo stato vi obbligasse a corrispondere almeno 9 euro, potreste semplicemente simulare un contratto part-time di 4 ore al giorno. Al dipendente versereste la stessa somma di prima, sebbene questi lavori il doppio delle ore dichiarate. E’ quel che accade spesso in piccole realtà aziendali.

Inutile la retorica sui controlli. Non hanno funzionato finora e non funzioneranno neanche in futuro, vuoi per carenze di organico agli ispettorati del lavoro, vuoi per mancata volontà politica. Dunque, immaginare che il salario minimo possa aumentare per magia il benessere dei presunti beneficiari è un’idea soltanto ingenua. L’unico modo per aumentare le retribuzioni è creare le condizioni per favorire la crescita economica. Solo un mercato del lavoro in piena occupazione vedrebbe i lavoratori essere parte negoziale forte. Gli escamotage servono solo a comparire sui titoli di qualche giornale.

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