Non c’è per ora alcuna fretta per la Banca Centrale Europea (BCE) di discutere sul salvataggio dei titoli di stato francesi. Lo ha fatto trapelare nei giorni scorsi lo stesso istituto in forma anonima, inviando un messaggio chiaro a Parigi: non attiveremo lo scudo anti-spread in campagna elettorale. I mercati sono in subbuglio per la possibile vittoria del Rassemblement National di Marine Le Pen alle elezioni anticipate del 30 giugno, con secondo turno fissato al 7 luglio. Il presidente Emmanuel Macron si gioca il tutto e per tutto, mentre i sondaggi segnalano che il suo partito arriverà terzo e con una manciata di seggi all’Assemblea Nazionale.

Speculazione ai danni degli Oat

I titoli di stato francesi della durata di dieci anni sono arrivati ad offrire rendimenti a premio di 80 punti base o 0,80% sui Bund della Germania. Prima delle elezioni europee, il differenziale si aggirava intorno ai 60 punti base o 0,60%. Lo spread tra BTp e Bund si è impennato fino a 160 punti, scendendo al momento sotto 150. Era a 130 prima del voto.

La BCE nell’estate del 2022 varò il cosiddetto scudo anti-spread (Transmission Protection Instrument), contestualmente all’avvio della stretta monetaria. Esso consiste in acquisti di bond sovrani oggetto di speculazione sui mercati. Ma la sua attivazione non è automatica. Serve che la richieda il governo dello stato colpito. E non è neppure certa, perché deve essere approvata dal board di Francoforte sulla base del rispetto di alcune condizioni minime. Ad esempio, lo stato che chiede assistenza non può trovarsi sotto procedura d’infrazione per deficit eccessivo o, comunque, deve soggiacere a un qualche piano di rientro per i conti pubblici.

Procedura d’infrazione per Francia e Italia

Proprio oggi la Commissione europea ha avviato la procedura per deficit eccessivo a carico di Francia, Italia e altri stati comunitari. Da quel momento in avanti, formalmente la BCE avrebbe le mani legate sull’attivazione dello scudo anti-spread.

A meno che, ça va sans dire, il prossimo governo francese non concordi un piano di risanamento fiscale con Bruxelles. Ma è credibile che il prossimo governo, qualunque esso sia, compia quale primo passo il varo di un piano di austerità? E anche se volesse, ci sarebbe il tempo di negoziarlo prima che lo spread esploda?

Le elezioni francesi saranno un test per lo scudo anti-spread. Sinora è stato dato per scontato che esso servisse unicamente per combattere la speculazione ai danni dei BTp. Già era ed è inimmaginabile che la BCE resti a guardare mentre i titoli di stato della terza economia dell’Eurozona bruciano. Lo è ancora meno a fronte di problemi a carico degli Oat, emessi dalla seconda economia dell’area. Un inciampo non è ammesso. Se il meccanismo si rivelasse contorto e di difficile implementazione, i mercati ne trarrebbero la conclusione che non sia in grado di contrastare una crisi di questo o quel bond. Tornerebbero in azione le tristemente note “locuste della speculazione”. Sarebbe la fine dell’euro.

Scudo anti-spread, sirene per Lagarde

D’altra parte la BCE non può smentire categoricamente sé stessa. Se attivasse lo scudo anti-spread in barba alle condizioni previste ufficialmente, a pagarne il prezzo sarebbe la credibilità sua e dell’impianto fiscale complessivo. Non avrebbe più senso mostrarsi ossequiosi nei confronti della Commissione, neppure quando avviasse una procedura d’infrazione per deficit eccessivo, dato che i bond sovrani verrebbero ugualmente garantiti sui mercati. I frugali del Nord protesterebbero. Nota di colore: Christine Lagarde è francese; resisterebbe ad una chiamata dall’Eliseo o da Palazzo Matignon per difendere i titoli di stato?

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