C’è una notizia che circola da giorni negli ambienti finanziari di mezzo mondo. Non un fulmine a ciel sereno, in quanto il dubbio da anni sarebbe non sul “se”, quanto su “quando”. L’Arabia Saudita avrebbe intenzione di quotare in borsa una seconda tranche di capitale della sua compagnia petrolifera statale. La prima IPO di Aramco risale al dicembre del 2019, quando il regno cedette sul mercato l’1,7% del capitale e incassò la cifra record di 29,4 miliardi di dollari. Stavolta, secondo le indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal, l’obiettivo di Riad sarebbe di incassare 50 miliardi.

Sarebbe a maggior ragione la cifra più alta mai raccolta nella storia dei mercati con un’offerta iniziale.

Boom prezzo petrolio

Ieri, il prezzo del petrolio risultava salito ai massimi dallo scorso novembre. Un barile di Brent sfiorava gli 89 dollari. A metà giugno, si dirigeva verso i 70 dollari. Questo boom si registra alla vigilia del vertice OPEC Plus, il cartello del petrolio guidato proprio dall’Arabia Saudita e al cui esterno collaborano potenze come la Russia. Il mercato sconta un ennesimo taglio dell’offerta di petrolio. La Russia limiterà verosimilmente le sue esportazioni dopo averlo già fatto nei mesi passati, così come i sauditi dovrebbero procrastinare il taglio volontario di 1 milione di barili al giorno.

Le due notizie possono sembrare slegate a un occhio poco attento. Invece, risultano intrecciate. Affinché la nuova IPO di Aramco abbia successo, è necessario che avvenga nelle migliori condizioni di mercato possibili. Serve, cioè, che il prezzo del petrolio resti alto e che le prospettive per il prossimo futuro siano salde. Con un’economia globale in rallentamento, non può essere la domanda a sostenere un simile scenario. Dovrà farlo l’offerta, attraverso una riduzione concordata tra i principali esportatori globali.

Profitti record per Arabia Saudita

Se davvero l’IPO di Aramco dovesse avere luogo entro l’anno, nelle prossime settimane il regno lancerà messaggi tutti in direzione rialzista sul petrolio.

Cercherà per tale via di massimizzare le entrate, che meno di quattro anni fa delusero le attese. Alle quotazioni attuali di 34,20 rial per azione, la società capitalizza sui 2.200 miliardi di dollari in tutto. Lo scorso anno, ha maturato un utile di 161 miliardi di dollari, record per qualsiasi società quotata nel mondo. Eppure buona parte del mercato crede che le quotazioni siano elevate, ovvero che Aramco valga meno di quanto lasci intendere la borsa.

Anche per questo, oltre che per evitare rischi legali, anche la prossima quotazione avverrebbe presso la Borsa di Riad. In occasione della prima IPO di Aramco, il petrolio salì nelle settimane precedenti. L’operazione era stata rinviata più volte, tanto che ad un certo punto sembrò essere stata definitivamente accantonata. Il principe Mohammed bin Salman non intende minimamente “svendere” la sua gallina dalle uova d’oro. Anche questo spiega le alte quotazioni petrolifere a cui sta puntando nell’ultimo anno.

IPO Aramco cattiva notizia per consumatori europei

Per i consumatori europei un brutto colpo. Il caro energia alimenta rischi d’inflazione. Sono stati i rincari di petrolio e, soprattutto, gas ad avere fatto impennare i prezzi al consumo sin dalla fine del 2021. Le banche centrali hanno dovuto reagire alzando i tassi di interesse e ponendo fine ai programmi monetari di sostegno ai bond. Ne è scaturito un contraccolpo per le economie nazionali, strette tra carovita e alti interessi su mutui e prestiti. Una seconda ondata di rialzi dei prezzi risulterebbero fatale. C’è da dire che nel frattempo la produzione di greggio negli Stati Uniti si sta portando ai massimi storici. E’ salita già a 12,8 milioni di barili al giorno, poco sotto i 13 milioni toccati prima del Covid.

La speranza sarebbe che lo scisto americano potesse almeno in parte compensare i tagli all’offerta varati dall’OPEC.

Non riponiamoci grosse aspettative. Il boom del greggio, invece, è la spia dell’incapacità dell’amministrazione Biden di far pesare la propria posizione sull’alleato saudita. Questi è sempre più autonomo e recalcitrante, tanto da avere appena aderito ai Brics, il blocco geopolitico che fa capo a Cina e Russia. Probabile che il regno abbia fissato un “floor” di 80-85 dollari al barile per rendere possibile la seconda IPO di Aramco. E con un dollaro tornato a rafforzarsi contro l’euro e le altre divise internazionali, si prospetta un’altra stangata a carico dei consumatori europei.

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