Le donne guadagnano il 23% in meno rispetto agli uomini. Che il genere femminile fosse svantaggiato sotto questo aspetto era cosa nota. Basti vedere l’ultimo rapporto dell’Oxfam sulle diseguaglianze per farsi un’idea di come la parità dei sessi, almeno sotto il profilo lavorativo, sia ancora una chimera. A sostenere questa tesi sono le Nazioni Unite, nelle veci della consigliera Anuradha Seth, che addirittura ha parlato del più grande furto della storia in riferimento alle differenze retributive tra uomini e donne.

Quello che più fa riflettere è che non è una questione di paese o di settore, un po’ ovunque il divario è ancora presente. Solo negli Usa, ad esempio, per ogni dollaro guadagnato da un uomo, la donna guadagna 77 centesimi mentre a livello annuale se l’uomo guadagna 21mila dollari la donne ne porta a casa solo 12mila.

Le differenze tra i vari paesi

Alcune differenze sono più marcate in determinati paesi. In Italia, ad esempio, la differenza è del 5% mentre in Corea del Sud arriva al 36%. In Germania il divario è calcolato al 16%, in Giappone è al 25%, nel Regno Unito al 17,1 % e negli Usa al 18%. Nei paesi membri dell’Ocse il gap è molto  diversificato mentre rimanendo all’interno dei paesi Ue, le donne guadagnano circa il 16% in meno rispetto agli uomini. L’Italia, oltretutto, si trova all’ 82° posto per gender gap mentre tre anni fa era al 41esimo posto, uno scivolone aggiuntivo per il nostro paese. Il dato è importante considerando che la media salariale delle donne è più bassa di quella maschile a parità di mansione. Questo significa che pur facendo lo stesso lavoro, con la stessa qualifica, il genere femminile percepisce un salario più basso.

Tra gli aspetti degni di nota anche quelli relativi al lavoro domestico che non è retribuito, il livello delle qualifiche e il fatto che le donne sono molto meno rappresentate nei ruoli importanti, partecipano meno al mercato del lavoro e spesso vengono impiegate in settori dove il reddito è già basso.

Se poi aggiungiamo che la differenza cresce con l’aumento dell’età e in base alla presenza di figli questo si aggrava ulteriormente. Per ogni figlio nato la donna perde il 4% dello stipendio che invece aumenta per l’uomo. Questi dati, insomma, sembrano confermare che il divario salariale è immenso e continuando in questo modo forse non basteranno 70 anni per riempirlo. Se tutti i paesi fossero come l’Islanda, dove i salari tra uomini e donne sono imposti per legge in maniera identica forse le cose sarebbero diverse. Dal 1 gennaio ogni azienda con più di 25 dipendenti deve ottenere un certificato che dimostri l’attinenza con i nuovi criteri di gender equality ma l’Islanda è sempre stato un paese virtuoso guardando al gender pay gap e l’obiettivo di raggiungere la piena parità entro il 2022 è certezza.

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