Poteva mancare sotto l’ombrellone una polemica estiva sui privilegi della “casta”? Quando non sai di cosa parlare col vicino di spiaggia, tre sono gli argomenti da sfoderare. Nell’ordine: meteo, che di questi tempi fa persino “cool”, calcio e, dulcis in fundo, la politica un tanto al chilo. C’è da dire, però, che stavolta i nostri beniamini si sono prestati alla perfezione al gioco mediatico. Questa settimana, il deputato del Partito Democratico, Piero Fassino, è intervenuto alla Camera durante la discussione sul mantenimento dell’abrogazione dei vitalizi, ripristinati al Senato.

Si è detto favorevole, ma ha sventolato a beneficio delle telecamere il suo cedolino per spiegare che gli stipendi dei parlamentari non sarebbero affatto così alti come certa stampa propinerebbe.

Mezza verità di Fassino & Co su stipendi parlamentari

Fassino è stato segretario degli allora Democratici di Sinistra e già sindaco di Torino. E’ persona seria e perbene, non può essere accusato né di essere un populista, né tantomeno di rappresentare certa classe politica degenerata. Ha mostrato il suo stipendio netto di 4.700 euro per far capire che le cifre percepite non sarebbero poi così esagerate. Ha omesso, tuttavia, rimborsi spese di circa altri 7.000 euro netti. Insomma, ha raccontato una mezza verità, quella che fa più comodo ai politici di ogni schieramento.

Quando si parla di stipendi dei parlamentari, il rischio di cadere nella demagogia è altissimo. Per questo abbiamo scelto di fare riferimento solo alle cifre ufficiali internazionali per effettuare qualche raffronto. Ebbene, secondo la Banca Mondiale i politici italiani guadagnano più di tutti con 125.220 euro all’anno. Al secondo posto ci sono i vicini austriaci con 121.608 euro, al terzo i tedeschi con 108.984 euro. In fondo alla classifica troviamo i maltesi con 21.588 euro.

Bassi stipendi italiani

Dunque, la storia che gli stipendi dei parlamentari italiani siano nella media europea è falsa. Ma lo sappiamo da un bel po’ di tempo, ce lo dicono tutte le cifre del caso.

Adesso, però, passiamo ad effettuare un altro calcolo: il rapporto tra tali emolumenti e gli stipendi medi dei lavoratori. Non ci crederete (sarcasmo a go-go), ma anche da questo punto di vista risultiamo primi in classifica. Un parlamentare italiano percepisce 4,23 volte lo stipendio medio. In seconda posizione abbiamo la Grecia con 3,36 volte, in terza la Croazia con 2,85. Malta sempre in fondo con un rapporto di 1,01. Praticamente, sull’isola fare il parlamentare non conviene dal punto di vista strettamente economico.

In Germania, gli stipendi dei parlamentari equivalgono a 2,63 volte la media, in Francia a 2,34 volte. Ecco arrivati al vero nocciolo della questione: i bassi stipendi degli italiani. In media, sono di 29.600 euro contro i 36.570 in Francia e i 41.445 euro in Germania. Certo, c’è da mettere in conto il diverso potere di acquisto, ma inutile girarci intorno: i lavoratori italiani risultano tra i peggio retribuiti nel mondo avanzato. E siamo l’unico caso in cui tra il 1990 e il 2020 abbiamo registrato un calo in termini reali (-2,8%).

Cresce distanza tra classe politica e cittadino medio

La politica non può sentirsi europea solo quando c’è da portare a casa la pagnotta per sé e dimenticarsene quando riguarda il resto della Nazione. Se lo stato fosse una società per azioni, i cittadini/elettori sarebbero i soci e i parlamentari il consiglio di amministrazione. I secondi hanno il dovere di rispondere ai primi sia sul fronte dei risultati conseguiti che del peso delle loro retribuzioni. In una qualsiasi azienda quotata in borsa, il manager guadagna (e anche tanto) se produce utili per gli azionisti, sennò guadagna di meno e, addirittura, va a casa.

Ora, lo stato non è una società per azioni. Non c’è un utile da produrre, almeno non inteso in senso letterale.

Tuttavia, il benessere dei cittadini può essere considerato un obiettivo fondamentale dell’azione politica. E questo benessere da decenni in Italia non solo non migliora, bensì arretra. Gli stipendi dei parlamentari, primi in Europa, non trovano alcuna giustificazione in relazione ai risultati. Il loro taglio non migliorerebbe il bilancio pubblico, se non per importi risibili sul piano macro. Il punto è un altro: non puoi percepire così tanto in una Nazione che va a ramengo da troppo tempo. Non puoi auto-gratificarti in barba ai risultati e scavare un fossato sempre più ampio con il cittadino comune.

Stipendi parlamentari, questione di credibilità

Non si tratta né (solo) di etica, né di rincorrere posizioni demagogiche. La politica costa e il politico svolge un vero e proprio lavoro, che in quanto tale deve essere adeguatamente remunerato. Ma il troppo stroppia, sempre. Non ha alcuna credibilità una classe politica che allunga l’età pensionabile e taglia da decenni i servizi, se al contempo non fa che migliorare la propria posizione economica. E’ incoerente parlare di legame tra stipendi e produttività per gli italiani, ignorando che debba esistere anche per gli stipendi dei parlamentari.

Non è la quantità di leggi sfornate a determinare la produttività di un politico, altrimenti saremmo primi al mondo senza alcuna discussione di sorta. Essa si misura guardando alla crescita del benessere in un dato lasso temporale. E qui siamo ultimi o tra gli ultimi. Come dire che forse i politici italiani si ammazzeranno anche di lavoro votando migliaia e migliaia di leggi senza neppure avere il tempo di leggerle e capirle, ma queste alla fine producono più danni che benefici all’uomo comune.

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