Il governo italiano ipotizza l’imposizione di una tassa sui cosiddetti extraprofitti delle banche. L’idea è stata ventilata dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, su suggerimento del consulente Enrico Zanetti, già vice-ministro al medesimo dicastero con il governo Renzi. L’Associazione bancaria italiana (ABI) la giudica un “errore”, sostenendo che il balzello colpirebbe gli istituti di credito in una fase di incertezza. Di cosa stiamo parlando esattamente?

Fino allo scorso anno, i tassi d’interesse erano tenuti a zero dalla Banca Centrale Europea (BCE).

Le banche italiane traboccavano di liquidità e non remuneravano quasi per niente i depositi dei clienti. Allo stesso tempo, anche i tassi applicati a mutui e prestiti erano bassi. A partire dal mese di luglio, il costo del denaro è salito e ieri il tasso di riferimento è stato portato al 3,75%. Nel frattempo, le banche italiane hanno scaricato su mutui e prestiti i rialzi. Ma i dati dell’ABI stessa suggeriscono che non sia stato ad oggi così per i tassi (passivi) a favore della clientela.

Tassi bancari su solo per mutui e prestiti

Al 31 marzo scorso, infatti, il tasso medio praticato sui prestiti ai clienti era salito al 3,81% contro il 2,18% del giugno 2022, il mese che precedette l’avvio della stretta monetaria. Invece, il tasso medio praticato sui conti deposito risultava solamente dello 0,61% contro lo 0,32% di giugno. Da queste cifre emerge subito che vi è una evidente disparità di trattamento delle banche: quando prestano denaro, si adeguano subito ai rialzi dei tassi; quando si tratta di remunerare il denaro dei clienti, si mostrano lentissimi nell’adeguarsi alle mutate condizioni di mercato.

Prendendo in considerazione l’intera raccolta bancaria, comprensiva di conti correnti, obbligazioni bancarie e pronti contro termine, il tasso medio è salito solo dallo 0,44% allo 0,80% nel periodo considerato. Lo spread è passato così da 174 punti base (1,74%) a 301 (3,01%), avvicinandosi al valore medio di fine 2007 a 335 punti (3,35%).

In pratica, il margine d’interesse è nettamente migliorato in pochi mesi. Le banche riescono a fare profitti più di prima per il semplice fatto che prestano denaro a tassi relativamente molto più alti di quelli concessi alla clientela.

Ed è così che Unicredit ha riportato un utile netto di 2,1 miliardi nel primo trimestre e prevede di maturarne 6,5 miliardi nell’intero anno. Per Intesa Sanpaolo si stima per l’esercizio in corso ben 6,6 miliardi di utili. Le azioni del comparto bancario giustamente corrono in borsa. Unicredit segna +105% da fine giugno, Intesa Sanpaolo +33%. A cos’è dovuto questo andamento divergente tra tassi attivi e tassi passivi delle banche. Il fatto è che gli istituti di credito di tutta l’Area Euro continuano a possedere liquidità abbondante. In primis, perché i clienti hanno accumulato risparmi in forma di depositi e conti correnti durante la pandemia, in Italia per 295 miliardi tra febbraio 2020 e luglio 2022.

Da tassa extraprofitti banche possibile boomerang

Secondariamente, le banche hanno ricevuto più di 2.000 miliardi a tassi negativi durante la pandemia con le aste T-Ltro. Per la maggior parte devono ancora essere restituiti entro l’anno prossimo. Dunque, c’è ancora scarso bisogno dei risparmi dei clienti, remunerati poco e nulla. La tassa sugli extraprofitti delle banche, tuttavia, non punterebbe a fare cassa. Sarebbe uno stimolo per spingere le banche a trasferire il rialzo dei tassi anche a favore dei risparmiatori. In effetti, se un istituto sa che sui minori interessi praticati a favore della clientela pagherà un balzello, preferirà mostrarsi direttamente più generoso e attirare depositi.

Sul piano pratico, tuttavia, non sarebbe così semplice individuare l’entità degli extraprofitti delle banche. Si potrebbe molto semplicemente fare riferimento agli spread prima e dopo la stretta sui tassi BCE, ma si rivelerebbe una metrica contestabile. D’altra parte, la tassa rischia di colpire le banche in una fase in cui possono rafforzare o almeno mantenere i livelli di patrimonializzazione.

Il rialzo dei tassi, come segnala la crisi bancaria negli Stati Uniti, non porta solo vantaggi a chi presta denaro. Gli asset al loro attivo si svalutano e colpiscono la robustezza del capitale. Per non parlare del rischio che la qualità del credito si deteriori con le maggiori sofferenze riportate tra i clienti. Gli “extraprofitti” stanno fungendo da contrappeso, agendo da sostegno sia al credito che alla crescita dell’economia. Attenti a ciò che desideriamo. L’effetto boomerang è dietro l’angolo.

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