E’ bastato un articolo de Il Foglio per fare scattare in borsa il comparto bancario italiano. Il quotidiano ha lanciato la notizia, secondo la quale Unicredit si appresterebbe a presentare un’Offerta Pubblica di Scambio a Mediobanca. La valutazione sarebbe a premio del 20% rispetto al suo valore di mercato. Grosso modo, Piazzetta Cuccia verrebbe valutata sui 13 miliardi di euro. E quella che per il momento resta una suggestione, ha alimentato i rialzi delle banche italiane, che si sono riportate ai massimi dall’autunno del 2015, cancellando finalmente le perdite accusate a Piazza Affari con il crac dei quattro istituti salvati dallo stato alla fine di quell’anno.

Mediobanca e Generali nel mirino di Unicredit

Unicredit sarebbe al centro di un risiko che coinvolgerebbe anche Generali. Questa è controllata da Mediobanca con il 13,13% del capitale. E sappiamo che il colosso assicurativo di Trieste è da anni al centro di attenzioni e tensioni, italiane e internazionali. L’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone punta a disarcionare l’attuale management, guidato dall’AD Philippe Donnet. E’ presente nel capitale con una quota del 6,23% e anche in Mediobanca figura tra i principali azionisti con una percentuale del 9,9%.

Prima della morte nel 2022, c’era stato un asse con lo scomparso Leonardo Del Vecchio, anch’egli desideroso di cambiare gli equilibri finanziari del Bel Paese. Con Delfin i suoi eredi si ritrovano più del 10% di Generali e quasi il 20% in Mediobanca. Proprio in queste settimane, l’AD di Mediobanca, Alberto Nagel, aveva polemizzato con il governo sul Ddl Capitali in via di approvazione definitiva in Parlamento. Una norma contenuta nel testo assegna il voto multiplo agli azionisti stabili e un’altra limita i poteri del CDA uscente in fatto di nomine.

Colosso da 100 miliardi di euro in borsa

Diversi analisti hanno fatto notare nei mesi che il Ddl Capitali favorirebbe proprio Caltagirone in vista del rinnovo del CDA di Generali nel 2025.

Gli azionisti di minoranza, come nel suo caso, assumerebbero maggiore peso in assemblea. Sebbene sarà difficile ribaltare le posizioni di forza nel board, otterrebbe perlomeno un maggior numero di rappresentanti. E Il Foglio aggiungeva venerdì scorso un particolare interessante: le istituzioni darebbero il via libera all’offerta di Unicredit, avallata anche dagli azionisti di Mediobanca.

Se questo scenario si realizzasse, Unicredit non s’integrerebbe soltanto con Mediobanca, ma nei fatti finirebbe per controllare anche Generali. Nascerebbe un colosso bancario-assicurativo da 100 miliardi di euro in borsa. Piazza Gae Aulenti si rafforzerebbe in un segmento in cui resta ad oggi debole, cioè il wealth management e il credito al consumo. Per Andrea Orcel si tratterebbe di un indubbio successo. In un solo colpo, rivoluzionerebbe il sistema finanziario e industriale italiano.

Unicredit sotto Orcel quadruplicata in borsa

Il suo predecessore Jean Pierre Mustier nel 2019 aveva azzerato la partecipazione in Mediobanca dell’8,4%. Il manager francese sembra intento a ridurre al minimo le esposizioni verso l’Italia. Sembra un’altra era, ma sono passati poco più di quattro anni da allora. Solo che nel frattempo sotto Orcel le azioni Unicredit in borsa sono esplose di oltre il 300%, quadruplicando in valore e aggiungendo ben 40 miliardi di capitalizzazione. Nello stesso arco di tempo, cioè poco più di tre anni, Generali è passata dal valere in borsa 22 a 35 miliardi. E Mediobanca da 6 a 11 miliardi.

In altre parole, Orcel oggi può permettersi molto più rispetto all’inizio del suo primo mandato di ipotizzare simili operazioni. Unicredit vale attualmente circa cinque volte Mediobanca e una volta e mezza Generali. All’atto della sua nomina a fine gennaio del 2021, valeva poco più del doppio di Mediobanca e meno dei due terzi di Generali. I rapporti si sono evoluti in suo favore. E i dati di bilancio del 2023 hanno solo accresciuto l’entusiasmo attorno all’istituto da lui guidato: utile netto record per 8,6 miliardi di euro! Con il benestare di governo e Banca d’Italia, creerebbe un gigante attivo sul mercato bancario, delle assicurazioni e ancora più radicato nel tessuto imprenditoriale nazionale.

Banche minori in attesa

E non dimentichiamo che nel mirino di Orcel vi sarebbero anche due istituti come Banco Bpm e Bper. Sarebbe troppo per ragioni di antitrust? Lo vedremo. Senza dubbio, però, l’integrazione servirebbe a creare sinergie in termini di ricavi e a rafforzarsi anche dinnanzi ai giganti internazionali. Vedasi a tale proposito le mire della finanza francese su Trieste da anni. Un po’ prematuro per capire se uno scenario simile si realizzerà. Dopo lo scoop, però, la sensazione è che Unicredit non possa temporeggiare troppo prima di scoprire le carte. In tutto questo continua a non trovare spazio Monte Paschi di Siena, in eterna attesa di un pretendente per le nozze dopo il lock-up scaduto. Orcel sembra che non voglia sentirne parlare. Cambierà idea, magari ricambiando il placet delle istituzioni verso la sua maxi-operazione?

[email protected]