Ogni anno a Cernobbio, nel comasco, si tiene il Forum The European House – Ambrosetti, giunta alla 50-esima edizione. L’opportunità per politici, uomini d’affari, economisti ed altri di parlare dei temi salienti dell’economia. Tra le presenze di quest’anno spiccano la premier Giorgia Meloni, il vice Matteo Salvini, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente Sergio Mattarella. E’ passato in buona parte inosservato proprio l’intervento del capo dello stato, tutt’altro che rituale quando ha fatto riferimento al debito pubblico dell’Italia.

Egli ha premesso che lo stock accumulato dal nostro Paese sia elevato e si è chiesto – un po’ retoricamente – se la necessità di tagliarne il rapporto con il Pil sia dovuto all’ottemperanza alle regole comunitarie o se non lo si deve, invece, al fatto che gli stessi mercati lo chiedano.

Sul debito dell’Italia Mattarella tira le orecchie ad agenzie di rating

Tradotto dal linguaggio istituzionale: non è il vincolo esterno a imporre all’Italia la necessità di tenere a bada il suo debito pubblico. L’Unione Europea potrà risultare spesso anche puntigliosa, ma il punto è che il riequilibrio dei conti dello stato sia doveroso in sé. Tuttavia, Mattarella non si limita ad una precisazione sul tema. Nota che il debito dell’Italia sia in valore assoluto attualmente circa la metà di quello di Francia e Germania messe insieme. Tuttavia, aggiunge, stiamo pagando interessi pari al doppio della somma tra i due.

Il presidente della Repubblica ha tirato le orecchie niente di meno che alle agenzie internazionali di rating, sostenendo con un pacato disappunto quanto siano severe nei loro giudizi verso il debito dell’Italia che definisce “onorevole”. Ricorda che mai il nostro Paese sia stato un cattivo pagatore con i suoi creditori finanziari. In altre parole, ci sarebbe un eccesso di sfiducia verso Roma non giustificata.

In effetti, dall’Unità ad oggi non siamo mai andati in default, al contrario di paesi come la Germania, oggi considerati massimamente affidabili e tanto da meritarsi il rating tripla A.

Sotto accusa indiretta classe politica

Se è vero che Mattarella abbia voluto mettere le cose in chiaro con coloro che quotidianamente esprimono giudizi sui debiti delle nazioni, la sua può considerarsi a tutti gli effetti una tirata di orecchie alla classe politica italiana. Ed è la prima volta che un simile discorso arriva dalla più alta carica istituzionale. Prendete la situazione attuale: il debito dell’Italia ha rating peggiori della Spagna e migliori della Grecia. In ogni caso, i nostri BTp offrono rendimenti maggiori a quelli di entrambi i paesi e i più generosi di tutta l’Area Euro. E pensare che Atene sia andata a gambe per aria nel decennio passato, così come Madrid fu costretta a chiedere una sostanziosa linea di credito per salvare le proprie banche.

Da cosa dipenderebbe questa disparità di trattamento per noi penalizzante? E’ la politica, bellezza. Nel medesimo discorso, il presidente Mattarella ha sostenuto che non sia “accettabile” criticare le scelte di Bruxelles quando se ne è attori. Una frase un po’ troppo forte, ma che forse possiamo ricollegare in parte al discorso sul debito dell’Italia. Tra le righe, ci avrà voluto dire che parte dello spread sia auto-inflitto per via della nostra incontinenza verbale nei confronti delle istituzioni comunitarie. Appariamo non accettarne le regole, cosa che i mercati non vedono di buon occhio.

Rischio default mai stato reale

Ma il tema svelato da Mattarella andrebbe ben oltre questa considerazione. A mettere in dubbio l’onorabilità del debito dell’Italia siamo noi stessi italiani, ovvero le istituzioni che lo emettono. Non esiste un solo giorno che la politica non faccia dei conti pubblici terreno di scontro.

Le opposizioni gridano costantemente al default imminente (rischio mai esistente, neanche nel 2011) e i governi lamentano gli scarsi margini di manovra fiscale a cui sono costretti a causa del Patto di stabilità. Chi ci guarda da fuori non capisce se esista un pericolo imminente e dove vogliamo andare.

Il vero spread lamentato dal presidente è perlopiù politico. Se l’Italia paga interessi sul suo debito più alti della Grecia è perché ci facciamo del male da soli. E’ come se un cliente si reca in banca per chiedere un prestito, esibisce una discreta busta paga, salvo lamentarsi con lo sportellista di quanto se la passi male e non riesca più a fronteggiare le spese. Al di là dei documenti scatterà un allarme in chi dovrà seguire la pratica. O il prestito gli verrà rifiutato o sarà erogato a tassi più alti per scontare il rischio di inadempienza. L’Italia fa lo stesso. Lacerata da decenni di divisioni più ideologiche che concrete, la politica gioca a disprezzare persino i conti dello stato. Le stesse famiglie si sono convinte che prima o poi falliremo e tutto ciò genera un clima ideale per la speculazione.

Debito Italia disonorato dalla politica

Le agenzie di rating non fanno che notare come sui mercati il debito dell’Italia sia considerato meno “onorabile” di quanto abbia affermato Mattarella. Perché se è vero che sono determinanti per orientare gli investitori, è altrettanto indubbio che le loro pagelle risentano del clima di fiducia tra questi ultimi. In sostanza, se tutti credono – al di là dei numeri, fino ad un certo punto – che un paese sia fiscalmente solido, pretenderanno bassi rendimenti. E ciò avrà riflessi positivi sulle finanze di quello stato. Alla fine, conta solo questo. E’ così che la Francia, il cui debito per molti versi si presenta meno solido del nostro, riesce a superare indenni crisi economiche e politiche anche di vasta portata. Il nostro spread è di cultura politico-istituzionale.

Ora lo ha confermato tra le righe lo stesso presidente.

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