Gli ultimi dati dell’Abi relativi al mese di gennaio ci consegnano una fotografia dell’Italia figlia dei tempi che stiamo vivendo. Nell’ultimo anno, i depositi in banca di famiglie e imprese risultano essere aumentati di 180,7 miliardi di euro, salendo a 1.743,9 miliardi. Si tratta di un’impennata annuale dell’11,6%. Il dato risulta decisamente superiore alla crescita che vi era stata tra il gennaio 2019 e il gennaio 2020: +81,5 miliardi. E anche rispetto alla media quinquennale si attesta su livelli molto più alti: +83,4 miliardi.
In definitiva, i risparmi bancari hanno subito un’accelerazione di circa 100 miliardi rispetto all’anno precedente e di circa 120 miliardi rispetto al periodo gennaio 2016-gennaio 2020. Quello che è successo è evidente. Il Covid ha “congelato” i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese. Pertanto, i conti correnti degli italiani – ma lo stesso discorso vale anche all’estero – scoppiano, ma non di salute. Il boom dei depositi non riflette un miglioramento dei redditi, anzi è indice di un fenomeno straordinariamente negativo.
Parte dell’impennata la si deve all’impossibilità materiale di spendere, causa “lockdown”. Se non puoi andare al ristorante a mangiare una pizza, non puoi viaggiare, ti ritrovi per gran parte dell’anno i negozi chiusi, è evidente che non puoi consumare come prima, nemmeno se lo volessi. E c’è anche il fattore psicologico: non sai se domani avrai un lavoro e cosa potrà ancora accadere, per cui meglio restare prudenti e rinviare gli atti di spesa più importanti, come l’acquisto di un’auto o di un elettrodomestico.
Dai conti bancari “scoperti” arriverà una grossa frenata ai prestiti bancari
Risparmiare oggi per consumare domani
Certo, se pensate che verosimilmente il PIL italiano sia sceso nel frattempo di 140 miliardi e che gli italiani abbiano incrementato la liquidità di 180 miliardi, le cifre effettivamente fanno riflettere.
Ma i risparmi vanno anche visti come consumi futuri. Una famiglia mette da parte una quota del proprio reddito per acquisti nei mesi o anni successivi. Dunque, i +180 miliardi di euro che abbiamo accumulato negli ultimi 12 mesi non vanno considerati come soldi perduti, bensì come liquidità pronta ad essere impiegata quando la situazione dovesse consentirlo. E qui entra in gioco l’incertezza tra famiglie e imprese, oltre che le aspettative per il prossimo futuro. Il blocco dei licenziamenti, ad esempio, da un lato garantisce a centinaia di migliaia di lavoratori di avere ancora formalmente un posto, dall’altro allunga la fase dell’incertezza. E lo stesso vale per l’impresa, che fino a quando non sarà nelle condizioni di disporre liberamente dei fattori produttivi non capirà mai quale sarà il suo futuro.
Si vocifera che il governo Draghi punti a prorogare per l’ennesima volta il divieto fino al giugno prossimo. La speranza sarebbe che per allora almeno la situazione si sarà un minimo normalizzata, grazie alle vaccinazioni. Purtroppo, i ritmi lenti con cui esse stanno avvenendo in tutta l’Unione Europea non fanno prevedere uno scenario così ottimistico. Nelle prossime settimane potremmo andare incontro a nuove chiusure e restrizioni, cioè diverse categorie subiranno ulteriori perdite e sale il rischio che aumentino le attività ad abbassare definitivamente la saracinesca. Giustamente, le famiglie italiane fanno le formiche, consapevoli che i tempi duri non sono finiti.
in questa direzione.
L’effetto Covid colpisce banche e risparmiatori: in un anno “bruciati” 3,7 miliardi