Il Covid-19 inizia a picchiare duro in economia. A farne le spese è particolarmente l’India, dove il governo di Narendra Mondi ha imposto un “lockdown” piuttosto restrittivo per frenare i contagi, con contraccolpi pesanti per numerose aziende domestiche. Future Retail è una di queste. Il colosso delle vendite ha saltato il pagamento di una cedola ieri, quella relativa alle obbligazioni in scadenza a gennaio 2025 e interesse annuale del 5,60% (ISIN: USY267BJGT59), emesse all’inizio proprio di quest’anno, prima che divampasse l’emergenza pandemia, per 500 milioni di dollari.
La società si è affrettata a rassicurare gli obbligazionisti sul pagamento della cedola semestrale entro i 30 giorni del periodo di grazia, per cui formalmente il default dovrebbe essere evitato. Tuttavia, il mercato si è messo in allarme, se è vero che il bond oggi è crollato di 10 centesimi, quotando a 51 e offrendo così un rendimento superiore al 32% all’anno. Considerate che l’emissione del gennaio scorso era avvenuta alla pari, sebbene in aprile il titolo era arrivato a crollare fino a una ventina di centesimi, per cui negli ultimi mesi risulta aver triplicato il suo valore, prima del tonfo di queste ore.
Il mercato dei bond indiani si apre alla finanza straniera, ecco le novità
Colpo per i junk indiani
La cedola comporterà un esborso a carico della società di soli 14 milioni di dollari, appena lo 0,5% dell’intero fatturato dello scorso anno. In totale, Future Retail risulta oberata da 127,78 miliardi di rupie indiane di debiti, pari a 1,53 miliardi di euro, al cambio attuale e quasi il 64% del fatturato pre-Covid. Le agenzie di rating valutano tali passività come “spazzatura”, con Fitch ad assegnare ai bond “CCC+” e S&P “CCC-“, giudizi profondamente speculativi in entrambi i casi.
Una quota di Future Retail è indirettamente in mano ad Amazon, con cui a inizio anno è stata stretta una partnership per la distribuzione di svariati prodotti, dagli alimentari alla cosmetica.
Peraltro, a fine agosto scade un altro bond di Future Retail, stavolta denominato in valuta locale per 300 milioni di rupie e con cedola 10,25%. Tra capitale e interessi, l’emittente dovrebbe sborsare circa 40 milioni di euro, quasi il triplo dell’importo della cedola appena saltata. Ma già da oggi c’è da scommettere che il mercato avrà maggiori remore a comprare debito corporate “junk” indiano, un fatto che farebbe salire il costo di rifinanziamento delle società già finanziariamente più deboli, accentuandone le difficoltà e magari facendo pressione sulla banca centrale per contenere i tassi d’interesse, sebbene i margini per farlo siano esauriti, con il costo del denaro fissato al 4%, a fronte di un’inflazione a giugno superiore al 6%.
Perché il mercato fugge dai bond indiani, anche se rendono fino al 7%?