Nelle stesse ore in cui Donald Trump a Mar-a-Lago festeggiava il suo ritorno alla Casa Bianca, in Germania si apriva ieri la crisi di governo. Il cancelliere Olaf Scholz ha licenziato tutti i ministri liberali, compreso Christian Lindner, che aveva la responsabilità delle Finanze. E in una dichiarazione pubblica, ha spiegato che la mossa si è resa necessaria per porre fine a “operazioni meschine” del leader FDP, non più interessato a restare in una coalizione. Scholz chiederà il voto di fiducia il 15 gennaio, ma certamente non lo otterrà, visto che da qui ad allora guiderà un esecutivo di minoranza.
Coalizione semaforo a pezzi
Va in frantumi la coalizione “semaforo” tra socialdemocratici, liberali e Verdi. Un esperimento fallito su tutti i fronti, che si è contraddistinto in questi tre anni per un livello di litigiosità mai visto prima qui dal 1949. E non è forse un caso che la crisi di governo in Germania sia arrivata in coincidenza con la vittoria di Trump. Berlino vacilla sotto i colpi di una situazione internazionale che ha fatto venire meno le basi su cui poggia il modello tedesco. I dazi minacciati dal presidente eletto rappresentano un colpo potenzialmente molto duro contro le esportazioni tedesche. E questa banda sgangherata non avrebbe alcuna forza politica e numerica per reagire.
Caos politico tedesco non finito
L’attacco di Scholz a Lindner è stato duro. La replica piccata: “mi ha chiesto di allentare le regole del Schuldenbremse (il freno al debito tedesco), ma non potevo farlo”. Come dire che il cancelliere gli avrebbe commissionato di fare a pezzi la Costituzione. Su queste cose i tedeschi non scherzano. La verità è che c’è una recita a soggetto in corso. Scholz sapeva che i liberali stessero per aprire la crisi di governo in Germania, uscendo dalla maggioranza.
La politica tedesca è diventata una maionese impazzita. Il caos non finirà a marzo. Anche se i conservatori di Friedrich Merz vinceranno quasi sicuramente le elezioni anticipate, non avranno i numeri per governare da soli. Dovranno trovarsi almeno un alleato. Ammesso che i liberali riescano a restare al Bundestag, saranno pochi deputati. A quel punto, ecco rispuntare l’ipotesi di una ennesima Grosse Koalition, che altro non è che l’alleanza tra conservatori e socialdemocratici. Angela Merkel ci ha campato così per dodici anni, ma senza fare nulla di concreto. Se siamo a questo punto, è proprio perché le ammucchiate servono ovunque solo per restare al potere, non per fare qualcosa di lungimirante in favore dei cittadini.
Crisi governo Germania, già effetto Trump?
Ci sarebbe un’opzione ad oggi considerata fantascientifica: alleanza tra conservatori ed euroscettici dell’AfD. Questi ultimi sono accreditati finanche del 20% dei consensi. Ma contro di loro si è creato un “cordone sanitario” come contro Marine Le Pen in Francia. L’unica speranza che avrebbero, sarebbe che questo cordone venisse spazzato via da Trump. Ipotesi per il momento non probabile, ma il ciclone arrivato dagli Stati Uniti sta già scombinando vari progetti. La crisi di governo in Germania, pur forse casuale sul piano temporale, è la prima conseguenza del voto americano. In Europa, piaccia o meno ammetterlo, gli eventi seguono ciò che accade a Washington. E’ finita l’era dei Verdi e della sinistra woke immigrazionista al comando. Chissà che dalle audizioni dei commissari all’Europarlamento non emerga una qualche sorpresa.