Insediatosi alla Casa Bianca, Donald Trump è dalle ore 18.00 di ieri sera ufficialmente il 47-esimo presidente degli Stati Uniti. Il suo discorso all’inaugurazione non ha fatto sconti a nessuno. L’uomo si sente più forte che mai, ben più del 2016 quando la sua inattesa vittoria lo costrinse a circondarsi di personalità “old style” del Partito Repubblicano. E i rapporti furono pessimi quasi con tutti. Tra fuochi di artificio verbali e uno stile retorico irrituale, un effetto Trump lo ha già ottenuto: ha riportato la “politica” al centro dell’Occidente.
Effetto Trump sugli organismi sovranazionali
Da diversi decenni, soprattutto in Europa ci si è convinti che i governi non servano sostanzialmente che a ratificare decisioni prese da organismi sovranazionali e prettamente tecnocratici. Questa è l’idea che ancora ruota attorno all’Unione Europea, che domina a Bruxelles, dove mal si vede che uno dei governi comunitari espleti il mandato affidatogli dagli elettori con un cambio di linea su questo o quel tema. Che si tratti di conti pubblici, economia, clima, politica estera, sicurezza, a contare non deve essere la politica, bensì le decisioni di entità che dall’alto del loro sapere le impongono ai popoli.
L’Accordo di Parigi, trascendendo dai contenuti più o meno apprezzabili, altro non è stato che il frutto di una visione tecnocratica. Obiettivi e strumenti fissati a tavolino per combattere i cambiamenti climatici. La politica nazionale non ha il diritto per molti di rivedere tali iniziative, perché i singoli stati non possono e non devono avere diritto di parola. Si capisce perché l’astensionismo sia forte e crescente in alcune aree del Vecchio Continente. Gli elettori si chiedono che senso abbia andare a votare, se i governi si trovano su un aereo con il pilota automatico e non riescono neanche ad accedere alla cabina di pilotaggio.
Davos semi-deserta
L’effetto Trump c’è già stato: le istituzioni sovranazionali, dal WEF all’OMS, si sono già indebolite.
Legame tra progressisti e tecnocrazia
Il ritorno alla politica nella sua dimensione piena sarebbe un assist meraviglioso servito da Washington a Bruxelles, dato che noi europei siamo stati storicamente maestri di questa disciplina. Eppure c’è un establishment che non vuole sentirne di perdere il potere che ha accentrato nei decenni tra le sue mani grazie al ritiro della classe politica. E il paradosso sta nel fatto che ad assecondarlo sia ancora oggi il mondo progressista, quello che per definizione si dovrebbe tenere alla larga dalla tecnocrazia.
Ma dietro c’è un calcolo astuto: i progressisti sono consapevoli di non essere maggioritari praticamente da nessuna parte e che le loro idee difficilmente si tradurrebbero in leggi con il consenso popolare. Al contrario, essi hanno una forte presa su quella minoranza di accademici – i tecnici, per l’appunto – che spadroneggia nelle università, tra i media e riesce a scalare le vette degli apparati burocratici sia nazionali che internazionali. Facendo leva su di essa, riesce a rifilare a tutti la propria visione del mondo. E’ accaduto con la transizione energetica, ma anche con politiche sull’immigrazione sconnesse dalla realtà in Europa.
L’effetto Trump già si è fatto sentire nei mesi scorsi. A Bruxelles questo apparato tecnocratico si sta sfaldando. Era impensabile mettere in discussione il Green Deal e, invece, lo si sta facendo. Ed era altrettanto impensabile cambiare passo sull’immigrazione, ma è accaduto. Attenzione a credere che l’élite dominante si sia già arresa al vento trumpiano. Parliamo di una cerchia di tecnocrati potenti, che sinceramente spesso credono di essere dotati di qualità più alte del resto dell’umanità. E che nel tempo hanno sottratto sempre più potere decisionali alle istituzioni elettive, svuotando di significato la stessa democrazia.
Effetto Trump anche in Europa
Il ritorno alla politica è già in corso a Washington, dove Trump ha firmato il ritiro degli Stati Uniti da Accordo di Parigi e OMS. Atti simbolici, che segnalano come il governo americano non voglia sottostare più ad apparati sfuggenti al voto democratico. A Bruxelles sarà più dura, perché la stessa Unione Europea è stata concepita come una costruzione tecnocratica, gelosamente custodita dal potere merkeliano nei decenni passati. Ma la cancelliera non c’è più e i suoi tirapiedi nelle capitali-satellite sono caduti ovunque. L’effetto Trump si sta già facendo sentire anche da noi.