Il Regno Unito di questo passo potrebbe diventare la prima grande economia mondiale Covid-free entro l’estate. Alla giornata di venerdì 19 febbraio, le vaccinazioni nel paese avevano coperto oltre un quarto della popolazione residente (26,3%), quasi 5 volte la percentuale media nell’Unione Europea. E la sterlina inglese ne ha preso atto. Venerdì scorso, per la prima volta dall’aprile del 2018 è salita a 1,40 contro il dollaro, mettendo a segno un guadagno annuale di circa il 9%. Di questo passo, spiegano gli analisti, entro fine anno potrebbe arrivare a toccare 1,50, tornando sostanzialmente ai livelli precedenti al referendum sulla Brexit del giugno 2016.
Dicevamo, vaccinazioni veloci. I ritmi serrati con cui vengono iniettate le prime dosi per la somministrazione stanno già esitando i loro frutti. Rispetto al picco di inizio gennaio, i contagi al termine della settimana scorsa risultavano scesi dell’80%, mentre i decessi hanno registrato un calo del 58% rispetto all’apice toccato nella terza settimana di gennaio. Per quanto restino elevati gli uni e gli altri, sembra funzionare la strategia del governo, in base alla quale si punta a coprire con la prima dose quante più persone possibili, rinviando i richiami dopo 3 mesi.
Lo consente il vaccino di AstraZeneca, che è poi quello nazionale e impiegato con preponderanza. La soluzione Pfizer-BioNTech prevede, invece, i richiami dopo già 21 giorni e, in un certo senso, allunga i tempi per una prima copertura nei confronti delle fasce a rischio.
Nel 2020, il PIL britannico è crollato del 9,9%, mai così male dal 1709. Tuttavia, le previsioni per quest’anno stanno migliorando proprio in virtù delle vaccinazioni veloci, che dovrebbero consentire al governo di riaprire gradualmente, ma anche definitivamente, le attività economiche. In effetti, già per l’estate potrebbe essere possibile che il paese sia nelle condizioni di porre fine a qualsiasi restrizione anti-Covid, avendo immunizzato tutte le fasce maggiormente a rischio, vale a dire gli over 60 e i malati cronici.
Svanite le incertezze intorno alla Brexit
Grazie a questa prospettiva, le probabilità che la Banca d’Inghilterra adotti tassi negativi contro la crisi stanno scemando considerevolmente. Ad oggi, l’istituto fissa il costo del denaro allo 0,10%. A gennaio, l’inflazione si è attestata allo 0,7%, sotto i livelli medi dell’Eurozona allo 0,9% e degli USA all’1,4%. Non a caso, i rendimenti sovrani sono lievitati anche nel Regno Unito, con il Gilt a 10 anni ad essere risalito allo 0,67%, praticamente poco sopra i livelli italiani. Aveva debuttato nel 2021 sotto lo 0,20%. Ad accrescere l’ottimismo ha contribuito anche il dato divulgato nei giorni scorsi dall’Office for National Statistics, secondo il quale le emissioni nette di titoli di stato a gennaio sono state di 8,8 miliardi di sterline, molto meno dei 25 miliardi stimati.
Tornando alla sterlina, il trend evidenzia quanto andiamo dicendo da settimane, vale a dire che sui vaccino si gioca il futuro delle economie mondiali. Chi rimane indietro con la campagna rischia di agganciare la ripresa in ritardo. Pensiamo a un settore come il turismo. Senza le riaperture, non ci saranno turisti stranieri in entrata e neppure quelli domestici a potersi muovere liberamente sul territorio nazionale. Per una realtà come l’Italia, la seconda alta stagione consecutiva con la paura del Covid sarebbe un disastro. Infine, gioca a favore della ripresa della valuta britannica anche la fine delle incertezze relative alla Brexit. A dicembre, Londra e Bruxelles hanno sottoscritto un accordo commerciale per regolare gli scambi dopo il divorzio sancito ufficialmente a fine gennaio 2020. L’intesa non ha ad oggi riguardato il settore finanziario, ma lo spettro di un “no deal” è stato evitato. Ed era la paura più grande per il mercato.
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