In America c’è un’emergenza che spaventa le famiglie fino ad arrivare alla Casa Bianca. E non sono le guerre, né le tensioni internazionali, bensì le uova. Costano troppo. Il loro prezzo è quadruplicato tra ottobre e marzo, salendo fino al massimo di sempre di 8,17 dollari per un cartone da 12. Follia, che ha costretto alcune catene di ristoranti a proporre menù senza uno degli ingredienti maggiormente preferiti dagli americani. E la distribuzione sta in alcuni casi razionando i cartoni delle uova acquistabili da una singola persona. La definiscono “eggflation”, letteralmente “inflazione delle uova” e della questione se n’è occupato il presidente Donald Trump persino al suo discorso al Congresso sullo Stato dell’Unione.
Crisi da influenza aviaria
In pratica, sarebbe come se gli italiani si ritrovassero a fare benzina a 3 euro al litro. Più che allarme, disperazione. Ma cos’è successo negli Stati Uniti da fare esplodere così tanto i prezzi? L’influenza aviaria. Scoperti alcuni focolai alla fine dello scorso anno, ha portato all’abbattimento solamente tra dicembre e gennaio di 40 milioni di volatili. Una volta che un esemplare viene scoperto contagiato, tutto il gregge di appartenenza deve essere eliminato per contenere la diffusione della malattia.
Se il numero delle uova prodotte giornalmente è crollato, la domanda non ne ha risentito granché. Gli americani consumano questa pietanza sin dalla mattina e difficilmente ci rinunciano. Ciò non significa che siano contenti o che possano permettersi senza sacrifici di mangiare uova a 7-8 dollari alla dozzina. A fare lievitare i prezzi non è solo il calo dell’offerta, ma anche l’esplosione dei costi sostenuti dagli allevatori per procedere alle ispezioni sanitarie, agli abbattimenti, spese per il personale, ecc.
I repubblicani accusano la precedente amministrazione Biden di non avere fatto nulla per affrontare il problema e offrono il loro rimedio.
Prezzi in forte calo dopo Trump
Per fortuna, le cose hanno iniziato a migliorare proprio dal discorso di Trump. Egli ha promesso di affrontare la questione. Ha stanziato 1 miliardo di dollari tra biosicurezza (500 milioni), aiuti agli allevatori (400 milioni), ricerca scientifica e vaccini (100 milioni). E ha annunciato che allenterà la regolamentazione per le importazioni dall’estero di uova. L’attesa è di aumentarle di 100-200 milioni entro 1-2 mesi. L'”eggflation” non è certo scomparsa, ma è diventata più tollerabile. Oggi, un cartone di 12 uova costa ancora in media sui 5,51 dollari, comunque pur sempre un terzo in meno rispetto al picco di una settimana fa, seppure a quasi +160% su base annua.
Eggflation eccezione a politica commerciale di Trump
C’è ancora il rischio che con l’avvicinarsi della Pasqua, salendo i consumi anche i prezzi possano ripartire. L’amministrazione Trump vuole fare di tutto per cercare di tamponare il problema entro aprile-maggio, sebbene la risoluzione sia attesa entro l’estate. Gli allevamenti devono rimpiazzare i volatili abbattuti e prima che crescano e producano uova servono mesi. Soluzioni immediate e facili non ne esistono, a meno di spalancare temporaneamente le frontiere commerciali.
Quasi una pena del contrappasso per chi come Trump intende limitare le importazioni per favorire la produzione interna. L’“eggflation” gli sta già facendo fare eccezione nelle prime settimane del suo nuovo mandato. Alla pancia (dell’America) non si comanda. Guai se inizia a brontolare!