Mancano meno di tre mesi all’elezione del nuovo presidente della Repubblica. I partiti stanno entrando in fibrillazione per cercare di portare al Quirinale l’uomo loro più gradito. Ma nella più vasta maggioranza parlamentare dal Secondo Dopoguerra non esiste alcun accordo su chi debba succedere a Sergio Mattarella, tra ipotesi di bis per l’attuale capo dello stato (che non sembra intenzionato ad accettare) e di trasloco di Mario Draghi al Quirinale. Tra i candidati credibili, cioè con buone probabilità di farcela, figura l’uomo che mise le mani sui conti correnti degli italiani.
Giuliano Amato, attuale giudice costituzionale, già delfino di Bettino Craxi e due volte presidente del Consiglio, fa parte di un gruppo ristretto di personalità a cui i partiti guarderebbero con simpatia come figura di compromesso. In tutte le ultime elezioni del presidente della Repubblica, il nome di Amato è sempre apparso tra i candidati. A destra non disdegnano il suo nome per via delle posizioni moderate e dei suoi trascorsi di socialista craxiano, che lo rendono simpatico agli occhi di Silvio Berlusconi, in particolare. A sinistra ne apprezzano le prese di distanza dal craxismo con la caduta della Prima Repubblica. Di fatto, egli è vicino al PD.
Ma Amato fu l’uomo del prelievo forzoso su conti correnti, libretti postali, certificati di deposito e buoni fruttiferi. Era la notte del 10 luglio 1992. Un venerdì per l’esattezza. L’Italia era sprofondata in una drammatica crisi finanziaria, con timori di attacchi speculativi alla lira che si sarebbero concretizzati un paio di mesi più tardi, un debito pubblico alle stelle e una classe politica travolta da Mani Pulite. L’anno prima, il deficit fiscale era stato all’11% del PIL. Il governo aveva firmato a febbraio l’ingresso nell’euro con il Trattato di Maastricht e tra le condizioni imprescindibili vi era di far scendere il deficit sotto il 3%.
Nuovo prelievo forzoso sui conti correnti?
Fu così che il governo Amato annunciò l’imposizione di un prelievo forzoso retroattivo del 6 per mille (0,6%) sui risparmi. Nessun titolare di conti correnti poté sfuggirvi. Insieme all’ISI (Imposta straordinaria immobiliare, la madre dell’ICI-IMU), il Tesoro incassò 11.500 miliardi di lire. A dire il vero, poca roba per i conti pubblici, se è vero che il deficit nel 1992 scese di qualche decimale e così anche nel ’93. Ma Amato, che per le sue misure chirurgiche e dolorose fu definito “Dottor Sottile”, lanciò ai mercati il segnale che essi desideravano, ovvero che il governo stavolta avrebbe fatto sul serio per rimpinguare le sue casse vuote.
Con Giuliano Amato presidente della Repubblica, i risparmiatori italiani rischiano nuovamente di ritrovarsi vittime di un prelievo retroattivo sui conti correnti? L’Italia non versa nelle stesse condizioni di trenta anni fa. Ha un debito pubblico molto più alto e un’economia indebolita da decenni di stagnazione, ma dopo la crisi dello spread del 2011 la BCE ha segnalato di voler tutelare le emissioni sovrane di tutta l’Eurozona, pur non automaticamente e senza polemiche al suo interno e tra i governi. Ad ogni modo, oggi spendiamo il 3,5% del PIL per pagare gli interessi sul debito, allora questa voce toccò il 12%, incidendo per un quarto dell’intera spesa pubblica.
Insomma, sembra che non ci sia alcun bisogno di mettere le mani nei conti correnti. Di prelievo forzoso non si parla, sebbene questa sarebbe una misura che arriverebbe senza alcuna anticipazione, altrimenti i risparmiatori sposterebbero altrove il loro denaro. Tuttavia, fanno gola allo stato quei 1.800 miliardi di euro depositati dagli italiani in banca, una ricchezza liquida immediatamente aggredibile e corrispondente a oltre il 100% del PIL pre-Covid. Certo, a decidere non sarebbe eventualmente il presidente della Repubblica, ove se ne ravvisassero le condizioni, bensì il governo.