Il nome di Elly Schlein non ci sarà nel simbolo del Partito Democratico (PD) alle elezioni europee. E non perché i grafici avessero difficoltà a scriverlo. La segretaria ha perso ieri la sua battaglia interna, travolta dalle polemiche degli avversari della minoranza. Il suo era stato un “aut aut”: o nome nel simbolo o la sua candidatura in tutte le cinque circoscrizioni in cui è suddivisa l’Italia per questa tornata. Non ha ottenuto né l’una, né l’altra cosa.
Basilicata e Puglia, note dolenti per PD
Schlein sfiduciata in casa, non giriamoci attorno. E’ vero che il PD non ha mai abbracciato il modello del partito leaderistico, anche perché di segretari ne ha avuti dieci in diciassette anni. Non avrebbe il tempo di mandare un nome in stampa, che già dovrebbe rimpiazzarlo con quello del successore. Nello specifico, poi, esistono tante debolezze che si stanno sommando e che rendono fragile la linea della prima segretaria donna del partito. Ieri, la sconfitta netta in Basilicata. In questa regione, se il famoso e fumoso esperimento del “campo largo” fosse riuscito, l’esito sarebbe potuto essere differente. Ma proprio i pasticci di Schlein hanno mandato in frantumi la coalizione. Nella forma, PD e Movimento 5 Stelle si sono presentati insieme, ma dopo avere bruciato un candidato dopo l’altro e polemizzato per settimane, tirandosi i piatti addosso.
Altro fronte delicato è la Puglia. Qui, la giunta di Michele Emiliano rischia di andare a casa sul voto di sfiducia presentato dalle opposizioni di centro-destra in Consiglio regionale.
Concorrenza “sleale” di Conte
Infine, il fattore “Giuseppi”. Il leader pentastellato si sta mostrando furbo, cinico, non ha intenzione di cedere la leadership della presunta coalizione progressista senza lottare mani e piedi. Conte non gradisce una segretaria dem spostata a sinistra, perché pesca elettoralmente proprio in quell’ambito. Ecco perché strumentalizza la questione morale e allo stesso tempo restringe gli spazi di manovra di Schlein sul piano dello stesso dibattito pubblico. Che si tratti di guerra tra Russia e Ucraina o di Israele, i 5 Stelle stanno definendo con nitidezza le loro posizioni anti-atlantiste. Nel simbolo si presenteranno alle elezioni europee con la parola “Pace”.
Schlein, che certamente è molto di sinistra un po’ su tutti i temi dell’agenda politica, non può rincorrere Conte sulle sue posizioni. In primis, perché guida un partito spaccato e, secondariamente, perché il PD fa parte del gruppo socialista all’Europarlamento, la cui linea anti-russa e filo-Nato non è in discussione. Ad un anno dall’insediamento alla segreteria, quindi, la rivoluzione promessa dall’ex numero due di Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna non c’è stata. Un po’ è cambiato il lessico dem, ma la sostanza resta quella di un partito in mano ai cacicchi, ingessato, diviso, lottizzato dalle correnti e senza un’idea chiara del Paese.
Schlein lotta per resistere alla segreteria PD
Si dice da mesi che la soglia di consenso alle elezioni europee per la sopravvivenza di Schlein come leader sia del 20%. Per i sondaggi è in bilico. Lo scenario peggiore sarebbe di prendere meno e farsi superare dai 5 Stelle.