Sono più di 51 milioni gli italiani chiamati a votare per il rinnovo di Camera e Senato, di cui 4,8 milioni residenti all’estero e che hanno già dovuto inviare le schede nei giorni scorsi. Le elezioni politiche di oggi arrivano in anticipo di pochi mesi rispetto alla scadenza naturale della legislatura. Legislatura nata nel marzo del 2018, quando le forze in campo ottennero risultati profondamente mutati rispetto a quelli attesi oggi. Le urne resteranno aperte dalle ore 7.00 di questa mattina alle ore 23.00 di questa sera.
Exit poll dalle ore 23
Cosa sono gli exit poll? Sondaggi realizzati intervistando coloro che sono andati a votare uscendo dal seggio. Questi sono invitati a replicare il voto, tracciando una X sulle schede fac-simile che saranno loro fornite. Ovviamente, nessuno può sapere se gli intervistati risponderanno in maniera fedele. In Italia, va detto, gli exit poll hanno preso anche forti svarioni. Come nel 2008, quando preannunciarono un sostanziale pareggio tra centro-destra e centro-sinistra, mentre finì con una vittoria a valanga della prima coalizione.
Da mezzanotte le proiezioni
A seguire vi saranno le proiezioni, che a differenza degli exit poll sono dati reali, cioè che emergono dallo scrutinio ai seggi e che sono ponderati sulla base di un campione statistico. Paradossalmente, nelle prime fasi dello spoglio le proiezioni appaiono più puntuali dei dati grezzi pubblicati dal Viminale. Questi ultimi, infatti, risentono molto della provenienza geografica, per questo tendono ad assegnare un vantaggio a questo o quel partito, questa o quella coalizione. Le prime proiezioni sono fornite al raggiungimento di almeno il 5% del campione statistico, per cui dovremmo verosimilmente attendere la mezzanotte.
Date le peculiarità del Rosatellum, la legge elettorale con cui votiamo per la seconda volta e rimaneggiata per tenere conto del taglio dei parlamentari, il vero batticuore non sembra esservi sulla coalizione vincente. Chiaramente, abbiamo scelto di non nominare quale sarebbe la favorita per i sondaggi pubblicati prima del blackout del 9 settembre scorso. Un modo per rispettare le scelte dei lettori. Al di là di tale precisazione, tuttavia, esistono alcuni dati sui quali non esistono certezze. Ecco tutte le incognite.
Chi sarà il primo partito?
Si giocano la partita essenzialmente Fratelli d’Italia e Partito Democratico. Perlomeno, è quanto hanno fatto intendere i sondaggi pubblicabili fino a un paio di settimane fa. Chi arriva primo, potrà vantare di essere il partito preferito dagli italiani. E in caso di risultato poco chiaro – se nessuna coalizione avesse la maggioranza assoluta dei seggi – potrebbe avanzare la pretesa di distribuire le carte in vista della formazione del prossimo governo.
PD o M5S?
Nelle ultime settimane, la crescita dei consensi per il Movimento 5 Stelle è stata evidente, specie al Sud. Questo dato minaccia la posizione del PD di Enrico Letta, che teme di essere raggiunto o persino superato dalla formazione di Giuseppe Conte. Sarà interessante stasera vedere cosa diranno gli exit poll prima e le proiezioni dopo.
Forza Italia e Azione
C’è un’altra sfida appassionante, relativa a chi ottiene più voti tra Forza Italia e Azione. I sondaggi non sono stati univoci nelle scorse settimane. Silvio Berlusconi da un lato e Carlo Calenda e Matteo Renzi dall’altro puntano entrambi alla doppia cifra, sebbene possa rivelarsi velleitaria per entrambi i partiti.
Lega versus Forza Italia
All’interno della coalizione di centro-destra, chi otterrà la seconda posizione? La Lega ci crede e spera, Forza Italia confida nella sorpresa. Ma, soprattutto, a quale percentuale si attesterà il partito dietro a Fratelli d’Italia? Anche in questo caso c’è in gioco il raggiungimento della doppia cifra.
PD e soglia 20%
Il PD ottenne meno del 20% alle elezioni del 2018. Replicare tale pessimo risultato sarebbe visto assai negativamente al Nazareno, dove il timore sembra essere proprio questo. Anche perché, con questa legge elettorale, percentuali troppo basse rischiano di lasciare a bocca asciutta sull’assegnazione dei seggi con l’uninominale. Gli alleati del PD – Luigi Di Maio, Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni ed Emma Bonino – sono accreditati di consensi troppo bassi per poter compensare un’eventuale defaillance del PD.
Quale maggioranza per chi vince
Infine, già gli exit poll potrebbero iniziare a delineare le dimensioni della vittoria di una delle coalizioni in campo. Bisogna conquistare almeno 201 seggi alla Camera e 101 al Senato. Ma da settimane gli analisti guardano a un altro dato: i due terzi di ciascun ramo del Parlamento. Con 267 deputati e 133 senatori, teoricamente il vincitore avrebbe la maggioranza sufficiente per riformare da solo la Costituzione senza dover indire alcun referendum. Tale risultato appare obiettivamente difficilissimo da raggiungersi per chicchessia, ma più una coalizione vi si avvicinerà e più sarà forte in vista di possibili riforme costituzionali in cantiere.