Cosa resta del sogno di Nelson Mandela a trenta anni dalla fine dell’apartheid? I primi a chiederselo sono i 60 milioni di abitanti del Sudafrica, il cui destino è appeso all’esito delle elezioni in programma per il 29 maggio. Saranno le più attese tra le sette che si saranno celebrate dal 1994, anno in cui la discriminazione contro la maggioranza nera cessò ufficialmente. L’African National Congress (ANC) vincerà certamente, ma è assai probabile che non otterrà la maggioranza assoluta dei seggi all’Assemblea Nazionale.
Elezioni in Sudafrica, occhi puntati sull’ex presidente Zuma
Zuma dovette dimettersi nel 2018 per uno scandalo di corruzione. Gran parte dell’opinione pubblica lo considera un ladro, un corrotto, un uomo che ha mal gestito l’economia del Paese. E i dati macro lo confermerebbero. Ma una minoranza non esigua di cittadini lo ritiene uno di loro, un leader che si è occupato dei più deboli. E a queste elezioni in Sudafrica il tema della povertà peserà tanto. Questo è uno stato allo sfascio totale, il più violento al mondo e con un tasso di disoccupazione del 32%, il 10% sopra i livelli di trenta anni fa. Oltre il 60% della popolazione vive in povertà relativa e 24 milioni di persone ricevono assistenza dallo stato, a fronte di appena 7,1 milioni di contribuenti.
Mercati positivi
Non a caso il leader di Alleanza Democratica, John Steenhuisen, sta puntando il suo programma sulla promessa di creare posti di lavoro.
I mercati sembrano quasi eccitati dall’idea che l’ANC perda la maggioranza assoluta in Parlamento. Se ci pensate, sarebbe del tutto logico. Il partito che fu guidato da Mandela, si è rivelato nel corso dei decenni incompetente, clientelare, corrotto, senza visione per guidare un’economia emergente promettente fino a pochi anni fa. Ed è forse anche per questo che le quotazioni dei bond sovrani sono aumentate nelle ultime settimane, così come il cambio del rand contro il dollaro ha guadagnato il 3,5% in appena un paio di settimane. Quello che gli investitori non stanno mettendo in debito conto è che dalle elezioni in Sudafrica potrebbe scaturire uno scenario ancora più horror.
Alleanza a sinistra o destra
Proprio Zuma rischia di emergere quale “kingmaker” per l’elezione del prossimo presidente e la formazione del nuovo governo. Si tratterebbe di uno spostamento ancora più a sinistra della politica nazionale. Non è da escludere persino l’appoggio dei Combattenti per la Libertà Economica, formazione di ispirazione marxista. Tra i suoi punti programmatici, l’espropriazione delle terre possedute dalla minoranza bianca e la nazionalizzazione delle imprese strategiche.
Pur avendo una visione totalmente diversa dall’ANC, Steenhuisen non ha escluso un appoggio al prossimo governo per evitare che dopo le elezioni il Sudafrica faccia la fine di stati come Venezuela e Zimbabwe, coinvolti da emigrazioni di massa per il collasso delle rispettive economie. Ma cosa farà l’ANC? Se si alleasse con il centro-destra, rischierebbe una ulteriore erosione di consensi alla sua sinistra. D’altra parte, questo è lo stesso rischio che si presenta nel caso di alleanza con i partiti alla sua sinistra.
Elezioni in Sudafrica spartiacque
Le elezioni in Sudafrica saranno uno spartiacque. Vedremo se segneranno una svolta positiva o negativa. L’economia è moribonda, non esistono prospettive per i giovani e la povertà dilaga senza freni. Persino Thabo Mbeki, che fu presidente e leader dell’ANC tra il 1999 e il 2008, ammette che l’assistenzialismo ha fallito. “Voleva essere uno strumento per l’inclusione sociale, ma evidentemente non ha funzionato”. Del sogno di Mandela rimane poco, per non dire proprio nulla. I neri saranno anche liberi di camminare per strada insieme ai bianchi, ma nei fatti è già tanto se qualcuno riesca a farsi quattro passi senza rischiare un’aggressione o un furto o peggio. A Città del Capo ci sono 3.000 omicidi all’anno, record assoluto mondiale. In pratica, viene assassinato un residente ogni 1.500 abitanti. Un tasso di oltre 100 volte la media nazionale italiana.