Mai come stavolta il silenzio (elettorale) è d’oro. Diciamo la verità, di sicuro la campagna elettorale appena conclusa non verrà ricordata negli anni a venire come un momento di confronto. Il gioco delle alleanze non è mai stato il forte della politica italiana, men che meno quando a dover essere conciliate sono antiche intese e vecchi rancori. Per non parlare dei temi cruciali, che hanno attraversato i mesi di dibattito senza che fosse offerta una chiave di lettura ben definita. Per la serie, i dubbi che accompagnavano gli italiani prima del naufragio del Governo Draghi, sono gli stessi che ancora persistono a circa ventiquattr’ore dalle urne.
Elezioni, l’agorà social
Il confronto sulla campagna elettorale si è svolto perlopiù da remoto. I tempi delle piazze, per quanto i leader ci abbiano provato a mantenere lo standard del palco, hanno lasciato il posto alle agorà dei social network. Una piazza virtuale ma pur sempre una piazza, dove a dominare è stata la massa, sì, ma di notizie o presunte tali, inflazionate dalla logica degli algoritmi. Un andamento che ha contribuito a rendere fin troppo chiari i problemi (quelli reali e quelli paralleli), piuttosto che a fornire qualche schiarita sulle possibili soluzioni. Basti pensare alle fibrillazioni che hanno accompagnato le varie proposte sul Reddito di Cittadinanza.
Campagna elettorale: il caso RdC
Una misura controversa, non tanto nelle intenzioni quanto nell’applicazione avuta fin qui. E sulla quale non c’è una vulgata, viste le campane discordanti anche tra i cittadini, fra chi è disposto a mettere la mano sul fuoco rispetto alla sua utilità e chi, invece, lo ritiene un deterrente a una migliore condizione occupazionale. Il M5s ha alzato il pressing sul rafforzamento del RdC, magari con un miglior monitoraggio sulle misure antifrode. Ipotesi rilanciata dal Pd, con l’ulteriore revisione in base alle logiche della Commissione Saraceno. Mentre fra le altre forze politiche c’è chi è scettico (+Europa), chi nemmeno lo nomina (Impegno civico) e chi preferirebbe tirare una riga e andare a capo (Centrodestra, Fratelli d’Italia in primis).
“Misure più efficaci”
Chiaro che, per una misura nata come antidoto alla povertà, il ragionamento richieda di partire dal principio. Ossia, dal tema del lavoro, al quale il Reddito di Cittadinanza avrebbe dovuto essere propedeutico. Del resto, al momento del suo insediamento, persino il premier Mario Draghi aveva ritenuto necessaria una ristrutturazione della misura, allo scopo di incentivare la ripresa delle attività lavorative e di rafforzare il filo diretto fra percettori e Centri per l’impiego. Ed è altrettanto chiaro che le “misure più efficaci” evocate dal Centrodestra dovranno necessariamente aggiungere più che sostituire. Si parla di politiche attive, formazione e inserimento. E se FdI punta alla cancellazione, la Lega si è detta disposta ad andarci più cauta, lasciandolo perlomeno per i non idonei al lavoro. Anche in questo caso, però, si tratterà di valutare le risorse a disposizione e le possibilità reali che l’inserimento o la formazione si trasformino in un impiego effettivo.
Flat tax e Canone Rai
Centrodestra che si è fatto portabandiera della flat tax, mettendo nel mirino l’estensione alle Partite Iva fino a 100 mila euro di fatturato e alleggerendo il peso fiscale sui redditi incrementati rispetto alle annualità precedenti. Un tema piuttosto complesso, visto che anche in questo caso andranno ponderate le risorse. Senza contare che, secondo il Centrosinistra, la proposta di alleggerimento sarebbe fumo negli occhi in virtù di una predilezione dei redditi più elevati, con ripercussioni su chi ha meno. Per il Pd, ad esempio, dovrebbe valere il principio della progressività fiscale, con riduzione delle tasse sul lavoro e mensilità in più a fine anno. E, a proposito di tasse, dal Carroccio rilanciano l’idea di depennare il Canone Rai dalla maxi-lista delle tasse. Proposta che va a scontrarsi con i ripetuti appelli del Gruppo Rai, che aveva a più riprese richiesto di estendere la tassa anche ai dispositivi mobili. Con l’intenzione di sopperire alla presunta “leggerezza” della tassa annuale. Per ora si tornerà solo al bollettino singolo e di abolizione difficilmente si potrà parlare a breve termine.
Campagna elettorale: la riforma delle pensioni
Intanto, al nuovo governo passerà di sicuro la patata bollente della riforma delle pensioni. E, altrettanto sicuramente, per i primi mesi toccherà accontentarsi. La vera e propria revisione del sistema ritarderà necessariamente di qualche mese. Quelli necessari al nuovo esecutivo (sempre che le elezioni venture non replichino quanto accaduto nel 2018) per montare in sella definitivamente. Il Centrodestra ha avanzato a più riprese la proposta dell’innalzamento delle pensioni minime, mentre il Pd ha fatto all-in sul rafforzamento dell’occupazione femminile. Sia per svoltare in termini di produttività che di sostenibilità del sistema pensionistico.
Per i Cinque stelle la priorità è evitare il ritorno della Legge Fornero, allargando ulteriormente le categorie dei lavori gravosi e usuranti. Favorendo al contempo l’uscita flessibile dal mondo del lavoro. Eppure, la sensazione è che i dettami della Fornero possano tornare sul serio a partire da gennaio.