Elezioni UK, Tories verso una disfatta senza precedenti: non è più il partito della Lady di Ferro

La disfatta dei Tories alle elezioni nel Regno Unito appare certa dai sondaggi. Il partito si è smarrito tra giochi di palazzo.
6 mesi fa
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Elezioni UK, Tories verso la disfatta
Elezioni UK, Tories verso la disfatta © Licenza Creative Commons

Si rinnova oggi il Parlamento di Westminster con le prime elezioni nel Regno Unito da quando la Brexit è diventata realtà. Le precedenti si erano tenute un mese prima dell’uscita formale dall’Unione Europea. Stando ai sondaggi, i Tories finiranno all’opposizione dopo quattordici anni di governo. A stravincere sarà il Labour di Keir Starmer. La dimensione della vittoria non è ancora chiara, perché i risultati saranno determinati dai voti seggio per seggio. A livello nazionale i conservatori inseguono i laburisti di ben venti punti percentuali.

Alcune previsioni lasciano intravedere una disfatta senza precedenti. Rischiano di scendere sotto i 100 seggi sui 650 dell’intero Parlamento.

Tories verso disfatta storica

Il premier Rishi Sunak aveva indetto elezioni con qualche mese in anticipo sulle previsioni, puntando su una campagna flash, a suo modo di vedere, in scia ai buoni dati che stanno arrivando dall’economia. Il Pil è tornato a crescere e l’inflazione è scesa al 2% a maggio, consentendo alla Banca d’Inghilterra di prospettare un primo taglio dei tassi di interesse non lontano. Tuttavia, i Tories non sembrano avere beneficiato di uno zero virgola di questo stratagemma.

Anzi, per loro i giochi sembrano essersi chiusi quando poche settimane fa Nigel Farage ha annunciato che correrà per il Reform Party. L’uomo fu il principale sostenitore della Brexit e il suo nuovo partito nei sondaggi sarebbe vicino per consensi ai Tories, sebbene sia molto difficile che ottenga seggi. Tutti voti in meno al partito di Sunak, che ormai chiede semplicemente agli elettori di non consegnare una maggioranza bulgara ai laburisti.

Tre premier in una legislatura

Ma qual è il motivo di tanta insoddisfazione verso i Tories, che soltanto alla fine del 2019 trionfavano con Boris Johnson e sembravano destinati a governare per chissà quanti anni ancora? Basti pensare che da allora ci sono stati tre premier.

L’ex sindaco di Londra fu costretto a lasciare la guida dell’esecutivo a causa di una faida interna al partito sul famoso “party-gate”. Mentre imponeva restrizioni dure contro la pandemia, a Downing Street si faceva festa. Il problema è che l’opposizione mediatica è arrivata dall’interno. La credibilità del partito è andata a farsi friggere.

E poi c’è stata la breve esperienza di Liz Truss. Premier giusto il tempo di celebrare i funerali di Elisabetta II. Aveva annunciato un maxi-taglio delle tasse, tutto in deficit. I mercati non la presero bene e i rendimenti dei Gilt esplosero, minacciando una crisi finanziaria. A quel punto, nuovo cambio a Downing Street con l’ingresso di Sunak. Complici le beghe tra Tories, non è mai stato popolare. Fino a pochi giorni fa si sussurrava che sarebbe stato rimpiazzato per queste elezioni. Rischia il proprio stesso seggio.

Lady di Ferro lontano ricordo

Prima ancora, il partito dei conservatori aveva avuto come premier David Cameron, seguito da Theresa May e dopo ancora per l’appunto da Johnson. Ognuno con una proposta di governo diversa. L’unica certezza è che nessuno sembra avere saputo rappresentare vecchie e nuove istanze dei Tories, oltre che del resto dell’elettorato. Il partito era il riferimento per la classe media pro-business, desiderosa di avere un’amministrazione pubblica efficiente, tasse basse e diffusa libertà economica. Ma quello di oggi è un pallido ricordo del partito che fu sotto Margaret Thatcher.

La disillusione è il principale fattore di crisi dei consensi per i Tories. Basti pensare che il cancelliere dello Scacchiere, Jeremy Hunt, ha smentito il suo stesso premier in piena campagna elettorale, sostenendo che “congelerà” gli scaglioni di reddito ai fini impositivi. In pratica, nessun taglio delle tasse. Anzi, queste aumenteranno per via del mancato adeguamento degli scaglioni all’inflazione (“fiscal drag“). Già i britannici pagano più contributi previdenziali sotto Sunak, anche se la stangata inizialmente prevista è stata in parte ridimensionata.

Nel 2019 i Tories avevano infranto il “red wall” nel Nord dell’Inghilterra, imponendosi per la prima volta sugli avversari con la prospettiva di ingenti investimenti infrastrutturali. Promessa non mantenuta.

Tories non credibili su temi storici

Chiunque vinca le elezioni, i britannici pensano che le tasse aumenteranno. E già questo fa capire tutto. La distinzione tra destra e sinistra sembra essere venuta meno sul piano programmatico e ideale. I Tories non riescono più ad attirare a loro il ceto medio sulla paura che i laburisti alzino le tasse e riducano la libertà economica. Non sono percepiti credibili come un tempo su questi temi. Hanno smarrito la via a causa degli incessanti giochi di palazzo tra correnti personalistiche e incapaci di guardare oltre il proprio naso. L’errore imperdonabile è stato destituire Johnson, premier eletto, cercando di rimpiazzarlo con figure più manovrabili. Stasera sarà loro presentato il conto.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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