Da quando la Federal Reserve ha iniziato a tagliare i tassi di interesse, il Treasury è oggetto di shorting sul mercato obbligazionario. In parole povere, gli investitori scommettono su un suo ribasso di prezzo e aumento del rendimento. Quest’ultimo è salito di circa 90 punti base o 0,90% negli ultimi quattro mesi e mezzo per la scadenza decennale. Essa offre ora più del 4,50%, ma poco prima della metà di gennaio era arrivata ad offrire il 4,80%. Per Elon Musk, è una posizione sbagliata”.
Musk punta sul DOGE
Nei giorni scorsi, l’uomo più ricco della Terra ha tenuto un evento su X-Space. In quell’occasione, ha dichiarato espressamente che “se stai facendo shorting sul Treasury, sei dalla parte sbagliata della storia”. Egli è diventato il più stretto collaboratore del presidente americano Donald Trump. E’ ora a capo del DOGE, un’agenzia governativa che dovrà occuparsi di aumentare l’efficienza dell’amministrazione pubblica negli Stati Uniti. In campagna elettorale, ha promesso tagli alla spesa per 2.000 miliardi di dollari, qualcosa come circa un terzo del budget federale.
Promesso taglio burocrazia
Il mercato nutre forti dubbi sulla capacità di giungere a un tale risultato. Musk sarà pure un genio riguardo alle sue società, ma gestire un ente dello stato è un’altra cosa.
I risparmi restano dubbi, mentre il diretto interessato nota che ci saranno e che porteranno a ridurre le emissioni di titoli del debito pubblico. Ecco perché lo shorting del Treasury, a suo avviso, non avrebbe senso. Poiché la spesa sarà inferiore, lo stato americano avrà meno bisogno di indebitarsi e ciò sosterrà i prezzi dei bond.
All’evento sul social è intervenuto anche Vivik Ramaswamy, suo vice al DOGE. Egli ha fatto presente che non bisognerà soltanto guardare all’entità dei risparmi per dedurne l’impatto positivo sul debito pubblico. Bisogna tenere conto anche di tutta quella burocrazia che sarà smantellata e che negli anni porterà a una maggiore crescita del Pil. Anche per tale via, quindi, lo shorting sul Treasury sarebbe un controsenso.
Shorting Treasury prosegue
Per il momento il mercato resta a guardare e pretende prima di toccare i risultati con mano. I rendimenti salgono e i prezzi scendono anche per la lievitazione delle aspettative d’inflazione. Quelle a 5 anni negli Stati Uniti erano sotto l’1,95% alla vigilia del primo taglio dei tassi Fed a settembre, mentre adesso sfiorano il 2,55%. Un surriscaldamento trainato sia dai tagli stessi, un po’ prematuri ed accentuati in base alle condizioni macro americane, sia dall’attesa per una politica fiscale ancora più espansiva sotto l’amministrazione Trump. Lo shorting sul Treasury non cesserà con la sola promessa di tagli alla spesa in arrivo.