I dati di ieri sui contagiati in Lombardia hanno confermato la tendenza alla crescita non più esponenziale, ma costante nella regione epicentro della pandemia in Italia. I positivi da Coronavirus sono aumentati di 2.500unità, rispetto al giorno prima, con il governstore Attilio Fontana a dirsi “preoccupato” per l’assenza di un qualche significativo segnale di speranza, non riuscendo a celare il fatto che saremmo ben lontani dalla fine dell’emergenza sanitaria. Quando sta per concludersi la terza settimana di quarantena nazionale, sembra molto probabile che la data del 3 aprile, fissata dal decreto con cui il governo Conte ha disposto le restrizioni a inizio mese come la fine delle restrizioni, non possa considerarsi utile per il ritorno alla normalità.
Finita l’emergenza Coronavirus, quale Italia avremo?
Il tempo mai come in questa fase si rivela d’oro. Più giorni passano e meno sopportabile diventa per 60 milioni di italiani vivere reclusi in casa. Lo è sul piano psicologico, ma anche per necessità. Ad eccezione del settore pubblico e al netto degli aiuti già stanziati dal Decreto “Cura Italia” e gli altri che probabilmente arriveranno, ci sono quindici milioni di lavoratori dipendenti e cinque milioni di autonomi che avranno nelle prossime settimane l’impellenza di tornare a lavorare per sopravvivere. Lo stesso stato deve augurarsi che il ritorno alla normalità avvenga al più presto, perché ogni mese trascorso nella paralisi corrisponde a una perdita massima di pil dell’8%.
Quando finirà l’emergenza Coronavirus?
Le previsioni di Goldman Sachs danno il pil italiano in calo dell’11,6% quest’anno, la percentuale maggiore tra tutte le grandi economie del pianeta. Se l’emergenza sconfinasse oltre il mese di aprile, spiegano gli analisti, l’economia italiana non reggerebbe più.
Sarà depressione economica ed esplosione del debito, ecco i numeri aggiornati
Il rischio che la stabilizzazione al nord venga compensata dall’accelerazione dei contagi al sud è reale, vista la diversa tempistica della diffusione del virus. Dunque, non è impensabile che da qui all’estate prossima l’Italia non sia ancora tornata del tutto alla normalità. Certo, per ragioni di realismo verrà gradualmente riaperta la Lombardia, forse ancora prima le altre regioni del nord in condizioni meno preoccupanti e a seguire tutte le altre, ma difficile immaginare che da un giorno all’altro diventi possibile fare la spesa al supermercato senza rispettare gli ingressi a piccoli gruppi e si possa andare a ballare in discoteca nel fine settimana. Il Coronavirus non segue i tempi dei decreti e così come ci ha colti alla sprovvista a febbraio, sarebbe pronto a ritornare al minimo passo falso commesso, sempre che se ne sia davvero andato prima, cosa che temiamo non avvenga, ahi noi!
Ma ipotizziamo per un attimo che da domattina non esistano più limitazioni, che il governo dichiari cessato l’allarme e riapra tutto. Pensate che le vite di 60 milioni di italiani torneranno normali, che si torni a passeggiare al centro commerciale come nulla fosse accaduto e che i bar saranno pieni per l’apericena e i ristoranti pulluleranno di ragazzi e famiglie nel fine settimana? No, nulla di questo accadrà nel brevissimo termine.
Mario Draghi premier?
Il fattore tempo rileva anche sul piano politico. Mario Draghi è dato in pole position per sostituire Giuseppe Conte come premier, ma non subito. Prima dovrà finire l’emergenza, come ragione vuole. Eppure, i tempi del virus, dicevamo, non coincidono con quelli dell’economia. Quando potremmo definire cessata l’emergenza? E quando si sarà raggiunto quel punto di non ritorno per il sistema Paese, oltre il quale lo stesso tentativo di giocarsi la carta Draghi si rivelerebbe inutile? L’ex governatore BCE sarebbe utile alla causa nazionale, se riuscisse a stringere con Bruxelles un accordo per evitare che l’Italia debba da sola accedere agli aiuti condizionati del MES o scegliere l’alternativa di affidarsi solamente ai mercati finanziari per le emissioni di debito, ma a quel punto senza una copertura robusta di Francoforte.
Ma se l’emergenza Coronavirus finisse in tarda primavera o in prima estate, per allora la crisi fiscale sarà divampata, trasmettendosi ai BTp. Sarebbe un po’ tardi per ipotizzare un cambio di governo. Ce lo insegna l’esperienza del 2011. L’incendio dello spread iniziò prima dell’estate e quando in autunno il governo Berlusconi si dimise per cedere il passo al Prof Mario Monti, la crisi dei nostri bond non si spense affatto, anzi nei mesi successivi s’intensificò, culminando nel luglio del 2012, quando proprio Draghi fu costretto a salvare l’euro con il famoso “whatever it takes”. Vero è che da allora e grazie a quell’intervento, che si concretizzò con il varo del piano anti-spread, noto come OMT, la BCE avrebbe oggi gli strumenti per calmare le tensioni finanziarie in ogni momento, ma bisogna evitare in ogni caso che la fiducia verso l’Italia venga meno sui mercati, altrimenti il danno non sarebbe facilmente riparabile nemmeno da Super Mario.
Emergenza Coronavirus, le ragioni dell’economia si scontrano con le vite umane