E’ andata bene, molto bene. I risultati dell’emissione per il nuovo bond turco in dollari avrebbero dovuto essere resi noti il prossimo 3 ottobre, mentre sono stati pubblicati già venerdì 27 settembre. Un segnale del successo che ha riscosso l’operazione, la più grande di sempre per Ankara sui mercati internazionali. Infatti, il Tesoro ha raccolto 3,5 miliardi di dollari con un’unica tranche decennale. E’ vero che nel 2020 avesse raccolto 4 miliardi, ma tramite l’emissione di più tranche.
Primo switch in Turchia
Sappiamo che il bond turco ha esitato in collocamento un rendimento del 6,75%.
Con i 3,5 miliardi di questa emissione, il totale raccolto dal Tesoro per quest’anno sale a 10,5 miliardi contro un obiettivo di 10 miliardi. E si è trattato del primo “switch” nella storia nazionale. In pratica, il nuovo bond turco è stato in parte scambiato con altri bond in scadenza nel 2025. Per l’esattezza, 1,9 miliardi andranno a sfoltire i pagamenti attesi per il prossimo anno, quando ci saranno da restituire in tutto 14,4 miliardi ai creditori internazionali. La liquidità netta raccolta ammonta, quindi, a 1,6 miliardi.
Svolta nel maggio 2023
I mercati hanno premiato la svolta di politica economica avviata dal presidente Recep Tayyip Erdogan dopo essere stato rieletto nel maggio dell’anno passato. Aumenti delle tasse e dei tassi di interesse, svalutazione della lira gli ingredienti principali. Le riserve valutarie sono tornate in territorio positivo, al netto dei debiti e delle operazioni swaps. E questo accresce la fiducia tra gli investitori verso la sostenibilità del debito estero.
C’è da dire che il battesimo per il nuovo bond turco è avvenuto in un contesto globale positivo. I tassi stanno scendendo un po’ ovunque nel mondo, per cui gli investitori stanno lasciando affluire maggiore liquidità sul mercato obbligazionario per approfittare degli ultimi periodi con rendimenti ancora elevati. Vengono premiate, in particolare, le lunghe scadenze. Esse continueranno ad offrire flussi di redditi alti per un periodo prolungato.
Su bond turco pesa fattore Erdogan
Non dimentichiamo, però, che il rating della Turchia resta “non investment grade”, malgrado il miglioramento recente dei giudizi delle agenzie. L’erraticità dell’Erdoganomics è un altro fattore di rischio. Più volte il presidente ha licenziato i governatori centrali in carica per avere portato avanti una politica restrittiva sui tassi. Ancora fino alla primavera del 2023 favoriva il taglio dei tassi con un’inflazione arrivata ad esplodere fino all’85%. Gli investitori stanno puntando su uno scenario del tutto differente per il futuro. In assenza di elezioni di rilievo nel paese fino ai prossimi quattro anni, la politica si mostrerebbe più prudente e paziente. Ed è così che il nuovo bond turco ha potuto segnare diversi record.