Parità tra i sessi anche sull’eredità, qui dove esplose la Primavera Araba

Donne tunisine con gli stessi diritti degli uomini sull'eredità? Il novantenne presidente invoca la parità, mentre l'economia dello stato nordafricano resta in crisi e la politica instabile.
7 anni fa
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Donne con molti diritti in Tunisia, ma economia langue

La Tunisia funge da unico modello positivo nel mondo arabo per la gestione della fase successiva alle proteste. Al governo arrivarono nel 2011 gli islamico-moderati di Ennahda, che a differenza dei Fratelli Mussulmani in Egitto hanno cercato di unire il paese, passando pacificamente il potere ad altri partiti e rinunciando a correre nel 2014 alle elezioni presidenziali, pur sostenendo oggi un governo di larghe intese e piuttosto eterogeneo. Dal partito non è arrivata una levata di scudi contro i propositi riformatori del presidente, sebbene i suoi esponenti abbiano invitato il governo ad occuparsi di temi più urgenti, come la lotta alla disoccupazione.

Proprio in queste ore, il premier Youssef Chahed ha annunciato la nuova squadra di, avendo rimpastato 13 ministri, nominandone 3 dell’era Ben Alì in quello che è stato dallo stesso definito un “governo di guerra” contro il terrorismo, la disoccupazione e la disuguaglianza.

Per quanto sul piano politico e dei diritti delle donne sia avanzata (la nuova Costituzione obbliga lo stato a “perseguire l’uguaglianza tra uomo e donna”), la Tunisia è stata negli ultimi anni profondamente instabile ed economicamente in crisi. Ben 8 governi si sono succeduti fino ad oggi dal 2011, mentre gli attacchi degli islamisti contro i siti turistici nel 2015 hanno provocato un crollo di presenze straniere, con la conseguenza che le riserve valutarie sono scese a metà agosto a un livello sufficiente per effettuare importazioni per appena 90 giorni dai 120 di un anno prima, tanto che la Banca Mondiale ha dovuto erogare un prestito di 450 milioni di euro, al fine di irrobustire la disponibilità di valuta pesante. Le scarse riserve valutarie risentono dei deficit correnti, alimentati da politiche fiscali poco ortodosse, incentrate su una percentuale del 60% delle entrate impiegata per pagare gli stipendi pubblici e da sussidi ai più poveri, segno della debolezza della politica, che non riesce a varare riforme per paura delle proteste sociali.

Tuttavia, almeno il turismo in Tunisia sarebbe in ripresa, stando ai dati divulgati dal ministro Salma Elloumi-Rekik ai media francesi, parlando di 4,58 milioni di stranieri dall’inizio dell’anno e considerando alla portata l’obiettivo di chiudere il 2017 a 6,5 milioni di turisti dall’estero. In termini di maggiori entrate sul fronte del turismo, nel primo trimestre si parla di 521 milioni di euro, pari al +19% su base annua. Non granché, ma almeno la speranza che si chiuda la fase più difficile per il settore degli ultimi tempi. (Leggi anche: Olio d’oliva senza dazi dalla Tunisia, ecco chi e perché in Italia ha votato a favore)

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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