“Lascio la disponibile in parti uguali ai miei figli Marina e Pier Silvio. Lascio tutto il resto in parti uguali ai miei 5 figli Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi”. Sono le ultime volontà di Silvio Berlusconi sulla sua eredità, rese note alla famiglia dal notaio Arrigo Roveda nella serata di ieri. L’apertura del testamento era attesissima sia dall’opinione pubblica che dai mercati. Tanto che la famiglia ha dovuto inviare comunicazione alla Consob prima della riapertura della borsa di ieri.
Azioni Mediaset giù, perdono appeal speculativo
La lettura del testamento ci dice che la maggioranza assoluta del capitale Fininvest andrà ai primi due figli Marina e Pier Silvio. Insieme, avrebbero il 53% suddiviso in quote paritarie. Il foglio sul quale è stata appuntata a mano la decisione dell’ex premier è data 2 ottobre 2006. Dunque, si tratta di una volontà che va indietro nel tempo. Chi pensava che negli ultimi anni il Cavaliere avesse optato per una soluzione egualitaria, è stato smentito dai fatti. Non esisterebbe neppure un potere di veto da parte dei tre figli minori, i quali non sarebbero quello che in gergo si definisce “minoranza di blocco”.
Fininvest detiene partecipazioni in Mediaset per il 47,91%, Mediolanum per il 30%, Mondadori al 53% e nel Monza Calcio per il 100%. Alla vigilia della lettura del testamento, il figlio Pier Silvio aveva categoricamente smentito che la vendita di Mediaset (Media for Europe, secondo la nuova denominazione) sia mai stata presa in considerazione. I fatti di questi giorni, con cambi di conduttori e nuovi ingressi, sembrano confermarlo. E poiché insieme alla sorella Marina risulta detenere la partecipazione di controllo della ricca eredità paterna, naufraga definitivamente lo scenario di un assetto proprietario contendibile per le TV.
Questo spiega il calo delle azioni Mediaset di ieri. Il titolo ha perso l’appeal speculativo che aveva guadagnato a seguito della morte di Silvio Berlusconi. Se Fininvest non vende, non esiste la possibilità nei numeri di spodestarla dal controllo. Urbano Cairo da un lato e famiglia Bolloré dall’altro dovranno rassegnarsi. La vicenda sposta i giochi dei francesi su TIM, la compagnia telefonica a cui è stata avanzata un’offerta del fondo americano Kkr per rilevare la rete, unica rimasta sul tavolo dopo il ritiro di CDP-Macquarie. Anche questo asset è partecipato da Vivendi per il 23,75%.
Governo Meloni può dirsi soddisfatto
Può tirare un respiro di sollievo il governo Meloni. Un’eventuale cessione di Mediaset avrebbe fatto perdere al centro-destra un importante strumento di comunicazione, l’unico posseduto nell’ambito del sistema radio-televisivo privato. Nell’intervista al Corriere della Sera, Pier Silvio aveva elogiato la premier e sostenuto che non avrebbe “per ora” intenzione di scendere in campo per fare politica, dato che confida nell’attuale capo dell’esecutivo.
La vendita di Mediaset sarebbe stata complicata anche nel caso in cui la maggioranza di Fininvest fosse andata ai tre figli di secondo letto di Silvio Berlusconi. Servirebbe il placet del governo, trattandosi di un asset nazionale strategico. E difficilmente il governo Meloni lo avrebbe concesso in favore dei francesi Bolloré. In patria, a dire il vero, non esisterebbero imprenditori con disponibilità di capitali sufficienti per un’operazione del genere. Tant’è che le voci su Cairo erano state smentite dal diretto interessato e, in ogni caso, portavano più alla formazione di una cordata.
Eredità Berlusconi, verso rilancio Mediaset
Fininvest ha distribuito la media di 100 milioni di euro di dividendi all’anno nel quinquennio passato.
In patria, Mediaset sta cercando di darsi un’aria più plurale con l’assunzione di volti storici della sinistra italiana. Ciò non muterà verosimilmente l’informazione e il sostegno al governo Meloni è fuori discussione. Semplicemente Pier Silvio punterebbe ad accrescere la credibilità dell’offerta informativa e ad attirare segmenti di pubblico ad oggi coltivati da altre reti. Ci sarà meno intrattenimento trash e più informazione pura sui canali del Biscione.