Da ieri, il green pass è diventato obbligatorio per entrare nei posti di lavoro. Chi ne fosse sprovvisto, subirebbe non già la sospensione dal posto di lavoro, bensì dello stipendio. E se vogliamo, questo è ancora peggio della prima versione della legge: continui a lavorare, ma senza essere pagato. Un’applicazione così estesa di tale obbligo non esiste in nessuna parte nel mondo. Una linea intransigente quella del governo Draghi, che rischia di accendere non solo una miccia sociale, ma anche di paralizzare l’economia.
Ieri, i lavoratori portuali a Trieste hanno incrociato le braccia, proclamando lo sciopero ad oltranza. Il fatto incredibile è che per loro il governo aveva varato un apposito decreto per spostare l’obbligo del green pass dalla fine di quest’anno. Ma i sindacati hanno fatto presente che la loro iniziativa è volta a protestare contro una lesione dei diritti di tutti i lavoratori italiani e che come atto di solidarietà il porto friulano sarà bloccato a tempo indeterminato.
Negli altri porti, il rischio è simile, un po’ meno in quelli di Napoli e Venezia, dove l’alto numero di vaccinati dovrebbe evitare ripercussioni negative in termini di carico e scarico delle merci. A Palermo, i tamponi gratuiti ai non vaccinati non saranno erogati, a differenza di Genova. Il presidente dell’autorità portuale di Trieste, Zeno D’Agostino, ha dichiarato che nel caso in cui lo sciopero dovesse tenersi e andare avanti ad oltranza, si dimetterà.
Green pass obbligatorio minaccia le filiere produttive
L’allarme non riguarda solamente i porti italiani, bensì diverse categorie sensibili, tra cui i trasporti e persino l’agricoltura. Coldiretti ha fatto presente che sarebbero 100.000 i contadini non vaccinati a lavorare nei campi. Se l’obbligo del green pass dovesse essere rispettato, diverse raccolte diverrebbero problematiche. In questa vicenda, esistono due estremismi da biasimare: quello dei “no vax”, che in qualche caso non accettano alcun compromesso con la realtà e sfociano nel complottismo, oltre che nella medicina fai da te; ma anche dello stesso governo, la cui linea oltranzista è stata aizzata da una parte politica – il PD – la quale su un tema così delicato punta a piantare qualche bandierina, più che a confrontarsi con la società.
Le proteste contro il green pass nelle piazze sono inutili per il loro impatto concreto nelle vite di tutti i giorni. Altra cosa gli scioperi, che minacciano la tenuta delle filiere produttive. Anzi, la stessa applicazione della legge rischia di paralizzare l’economia italiana. Se migliaia di lavoratori in un settore e in un’area ristretta dovessero incrociare le braccia o non essere nelle condizioni di svolgere la loro mansione, alcune produzioni si fermerebbero e a cascata rallenterebbero le altre. I porti sono cruciali in tal senso: le merci in ingresso nel nostro Paese resterebbero sulle navi e impedirebbero alle imprese di distribuirle sul mercato o di completare i processi di produzione. Per le esportazioni, stesso ragionamento: le merci non partono, i magazzini si riempiono e le fabbriche dovranno fermarsi.
I rischi per l’economia italiana
L’imposizione così autoritaria e sragionata del green pass rischia di accentuare le due problematiche più diffuse e temute in questa fase nel mondo: la carenza di beni e servizi e i colli di bottiglia. Non solo impatterebbero negativamente sull’economia italiana, rallentandone il tasso di crescita, ma finirebbero per sostenere ulteriormente l’aumento dei prezzi al consumo. E quelle energetici stanno già lievitando al ritmo di oltre il 20% su base annua.
Come ne usciamo? Con il dialogo. L’estremismo dei “no vax” non va confuso con le ragioni dei “no pass”. Al porto di Trieste, ad esempio, molti dei lavoratori in sciopero sono vaccinati, mentre molti non vaccinati non hanno aderito.