Con una recente circolare il ministero della Giustizia ha smontato gli entusiasmi di chi pensava di sostenere all’estero l’esame di avvocato 2017. La famosa “via spagnola” che molti laureati in giurisprudenza negli anni passati hanno seguito per prendere nella penisola iberica la qualificazione di “abogado” per poi farsela riconoscere in Italia. Su questa strada, da molti considerata non tanto una volontà di specializzarsi all’estero quanto piuttosto una via per evitare l’esame di avvocato in Italia, sono stati posti dei paletti, proprio come specificato appunto dalla circolare in analisi.
Diventare avvocato all’estero, come funziona ora la via spagnola
Ad oggi la legge prevede infatti la possibilità per i laureati in giurisprudenza, di farsi riconoscere la laurea all’estero e acquisire fuori dall’Italia il titolo professionale (passando per uno step intermedio del titolo di “avvocato stabilito”) senza bisogno di sostenere l’esame di abilitazione forense. Dopo tre anni di esercizio, sotto supervisione di un altro legale, l’avvocato stabilito può ottenere il titolo di “avvocato integrato” e quindi esercitare la professione senza alcun limite, nel pieno diritto.
Avvocati assistiti: chi rischia la cancellazione
Un primo freno è arrivato nel 2011 dalla Spagna, che ha imposto un periodo di pratica e un esame di accesso per diventare abogado ai laureati spagnoli e, per il riconoscimento delle lauree straniere, la frequenza di un master (con superamento dell’esame finale). Ma questo a quanto pare non ha frenato soluzioni border line proposte da scuole private più o meno serie.
Un’ostinazione che ha costretto ora il Ministero di Giustizia ad imporre agli Ordini un controllo più ferreo delle regole spagnole prevedendo anche la possibilità di cancellazione di professionisti già iscritti all’ordine pur non avendone i requisiti.
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