Abbiamo visto in questo articolo che la depressione rientra tra le patologie che danno diritto all’esenzione dell’obbligo di reperibilità. Significa che il dipendente a casa per depressione non è a rischio di visita fiscale. Attenzione però perché l’esonero dai controlli del medico Inps non sono automatici: occorre che il medico curante flagghi nel certificato medico il codice E, in cui rientrano appunto le patologie che danno diritto ad esenzione dall’obbligo di reperibilità e visita fiscale, tra i quali appunto è fatta rientrare anche la sindrome depressiva.
Questo intuitivamente ha un senso perché chi è depresso non deve necessariamente stare a casa anzi uscire all’aria aperta, anche andare al mare, può essere di aiuto. Tuttavia la decisione è a discrezione del medico curante nel senso che è lui che decide se apporre il codice E nel certificato e, quindi, stabilire l’esenzione dalla visita fiscale.
Ma va anche detto che il dipendente potrebbe essere in imbarazzo nel dover ammettere di essere depresso o avere altri problemi psicologici. Che fare dunque? “Inventarsi” altri sintomi per stare a casa senza ammettere tali disturbi reali e, quindi, rinunciare all’esenzione dalla visita fiscale imponendosi di rispettare le fasce orarie di reperibilità?
In realtà abbiamo già accennato in questo articolo che il datore di lavoro non può pretendere di conoscere la diagnosi della malattia ma solo la prognosi. Se questa è la richiesta quindi il medico curante può limitarsi a prevedere la categoria E ma senza dare troppe indicazioni al datore di lavoro.
Perché abbiamo voluto precisare questo diritto? Attenzione: l’articolo non vuole assolutamente lasciare intendere che ci sia qualche motivo per cui vergognarsi se si hanno problemi di depressione, ansia etc. Ma è opportuno che il dipendente sappia in che modo è tutelata la sua privacy e sia libero di decidere se rendere noti o no i proprio problemi psicologici.