Flash crash, fenomeno amplificato dalla tecnologia
Di recente, abbiamo sentito parlare di “flash crash” anche per la sterlina. Siamo nell’ottobre dello scorso anno e sempre di notte (non è un caso), il cambio contro il dollaro precipita del 9% senza apparente motivo, addirittura, crollando ai minimi dal 1985. In quel caso, si parlò di errore da “fat finger” (“dita grosse”), ovvero di un maxi-ordine di vendita, impartito per sbaglio, forse per stanchezza di un trader. E nel maggio del 2010 era accaduto al Dow Jones di perdere per pochi minuti 1.000 punti.
La lezione che ci arriva dalla nottata di mercoledì è che la tecnologia può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Chi aveva impostato uno “stop loss” a un dato prezzo, si è svegliato la mattina senza più Ethereum in portafoglio, avendo liquidato verosimilmente tutte le posizioni relative, nonostante la caduta dei prezzi sia stata solamente per pochi istanti. Magari avrà subito perdite o nel caso migliore ha evitato di continuare a guadagnarci, ma una cosa è certa: quando si investe, sia in un asset “tradizionale” che in uno di recente diffusione, bisogna fare i conti sempre con imprevisti anche di natura tecnica, specie se si tratta di monete digitali. La tecnologia dà, la tecnologia può togliere; anche solo per un attimo.