Etichette alimentari ingannevoli. Così sono state definite in parole semplici dall’indagine condotta da Beuc, l’organizzazione dei consumatori europei, che ha messo in luce i vari trucchetti usati per etichettare prodotti facendoli passare come di qualità. Le etichette dovrebbero essere chiare ma in Europa molto spesso si usano escamotage facilitati dai vuoti dei regolamenti europei.
Quali sono le etichette che ingannano il consumatore?
In base al rapporto del Beuc, di cui ha parlato anche la Repubblica, molto spesso si trovano negli scaffali prodotti che dall’etichetta sembrano sani e pregiati ma in realtà leggendo la composizione non lo sono affatto. Tra le etichette più ingannevoli in assoluto quelle che fanno credere che un determinato prodotto sia ricco di frutta, oppure artigianale, fino all’etichetta che pubblicizza cibi integrali. Molte etichette presentano la dicitura “artigianale” ma basta leggere gli ingredienti per vedere che quel prodotto di artigianale ha poco. Le aziende hanno capito che il consumatore ama l’idea di un prodotto fatto a mano, evocando l’immagine d’altri tempi del cibo fatto in casa dalle nonne, e così per renderlo più appetibile usano le etichette che riportano quella serie di parole che danno l’idea di un cibo non industriale, accompagnato da immagini ghiotte e tradizionali. La realtà è che molti di questi prodotti contengono additivi e coloranti, quindi considerarli artigianali è ingannevole ma le regole non precise, ancora oggi, rendono possibile l’utilizzo di questo tipo di etichette.
Frutta, cibi integrali e pregiati…la realtà è diversa
Molto simile il caso delle etichette legate a prodotti che nella carta dovrebbero contenere molta frutta e vitamine, o almeno è questo l’intento. Facendo leva sullo stile di vita sano, la corretta alimentazione e la dieta mediterranea, molte aziende puntano ad evidenziare nell’etichetta, accompagnata da immagini colorate e allettanti, la presenza della frutta quando andando a leggere gli ingredienti si nota ugualmente una percentuale minore. Anche i prodotti integrali al 100% (o fatti passare come tali) vengono demonizzati dalla ricerca in questione. Il consumatore pensa di acquistare un tipo di pasta, pane, cereali o snack con determinate farine e invece la percentuale è molto ridotta. In Italia però le norme definiscono che se il pane viene considerato integrale deve contenere davvero il 100% di farina integrale ma in altri paesi non è così e dunque l’etichetta può essere davvero ingannevole per il consumatore.
Leggi anche: Nuove etichette alimenti: ecco cosa cambia per l’Italia