E’ scattato ufficialmente il default per l’Etiopia dopo il mancato pagamento della cedola semestrale da 33 milioni di dollari. La scadenza era avvenuta in data 11 dicembre, ma l’Eurobond in questione (ISIN: XS1151974877) prevedeva un periodo di grazia di 14 giorni. Pertanto, l’ultimo giorno per evitare l’evento creditizio è stato ieri, anche se venerdì 22 era stato l’ultimo lavorativo entro cui provvedere al pagamento. Il titolo è di 1 miliardo di dollari, stacca cedola su base annuale del 6,625% e teoricamente dovrebbe essere rimborsato a fine 2024.
Default già scontato dal rating S&P
Già S&P aveva declassato l’Etiopia al rating SD, ossia a Default Selettivo, prevedendo che il governo non avrebbe onorato il debito. Esso stesso, in effetti, aveva annunciato prima di giorno 11 che non avrebbe effettuato il pagamento a causa delle basse riserve valutarie e della fragile posizione esterna del paese.
L’Etiopia è il secondo stato africano più popoloso dopo la Nigeria e il terzo ad essere andato in default nel continente dopo Zambia e Ghana in era Covid. Il suo debito pubblico risulta relativamente basso in rapporto al PIL (32% a fine 2022), ma non ci sono risorse per servirlo. Il debito estero è elevato e le riserve valutarie bassissime, a causa di una bilancia dei pagamenti in forte deficit. L’economia etiope, dunque, non è competitiva, per cui non attira capitali esteri e né riesce ad esportare in misura superiore alla quantità di merci e servizi importati.
Eurobond Etiopia in rialzo
C’è da dire che l’Eurobond 2024 ha segnato un balzo da meno di 59 a 67 centesimi in appena una settimana. Il rendimento lordo alla scadenza supera attualmente il 63%, anche se dopo il default le negoziazioni saranno verosimilmente sospese sulle piattaforme internazionali. Il boom non è del tutto irrazionale. Già con il mancato pagamento della cedola il governo aveva proposto uno schema di rinegoziazione.
I creditori stanno scommettendo, quindi, sulla capacità dell’Etiopia di giungere presto alla ristrutturazione del debito, anche grazie all’adesione al “Common Framework”, l’iniziativa del G20 che punta ad affiancare il Club di Parigi nella risoluzione delle controversie tra paesi emergenti e creditori. D’altra parte, i prezzi dell’Eurobond sono già bassi da allettare i fondi speculativi.