Questa settimana, l’European Financial Stability Fund (Efsf) ha emesso un nuovo Eurobond a 10 anni, scadenza 21 giugno 2032, per l’importo di 2 miliardi di euro. Ha così portato a 10,5 miliardi il valore delle emissioni già realizzate per quest’anno, dato un fabbisogno stimato per 19,5 miliardi nell’intero 2022. Gli ordini sono stati pari a 2,6 miliardi, cioè di 1,3 volte l’offerta. Il titolo è stato prezzato sotto la pari, offrendo così un rendimento del 2,447%, a fronte di una cedola fissa lorda del 2,375%. Il pricing è risultato essere di 1 punto base sopra il tasso mid-swap.
Eurobond Efsf, ecco le lunghe scadenze
L’Efsf è il Fondo salva-stati nato nel 2011 per mettere in sicurezza i debiti di Grecia, Portogallo, Irlanda e successivamente anche le banche spagnole. Negli anni seguenti, è stato rimpiazzato dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Si tratta di un emittente che gode dei più alti rating assegnati dalle agenzie internazionali. Pertanto, il suo debito è considerato sicurissimo, essendo nei fatti garantito dagli stati membri dell’Eurozona, tra cui paesi con la tripla A come Germania, Olanda, Finlandia e Lussemburgo.
L’Eurobond da poco emesso si rivela, quindi, interessante sotto il profilo del rendimento. E’ vero che offre qualcosa come almeno l’1,50% in meno all’anno del nostro BTp di pari durata, ma presenta un rischio di credito sostanzialmente nullo, per cui teoricamente è esposto anche a una minore volatilità sui mercati. Esistono scadenze più lunghe e ancora più interessanti sul piano del rendimento. L’Eurobond 2045 offre il 2,65% dopo avere perso più del 30% negli ultimi sei mesi. Quotava ieri a 83 centesimi contro i 120 di dicembre.
Rendimenti a premio sui Bund
E l’Eurobond a 30 anni, scadenza 2052, rendeva sempre ieri il 2,68%. Dai massimi di fine 2021 risulta essersi dimezzato di valore. In entrambi i casi, lo spread rispetto al Bund si colloca in area 85 punti base o 0,85%. Ciò implica che ancora oggi le emissioni sovranazionali nell’Unione Europea rendono a premio sui titoli di stato tedeschi, che restano il “benchmark” per il mercato obbligazionario in euro.