L’Unione Europea continua nella sua opera di raccolta dei capitali sul mercato delle obbligazioni, con l’obiettivo di finanziare il Next Generation EU, il piano da 750 miliardi di euro in sei anni tra sussidi (390 miliardi) e prestiti (360 miliardi) agli stati comunitari. Ed è per questa ragione che in settimana ha emesso due nuovi Eurobond: una tranche a 5 e un’altra a 30 anni. In totale, hanno incassato 7 e 5 miliardi rispettivamente. Gli ordini complessivi sono stati pari a 114 miliardi, di cui 60 miliardi per la tranche quinquennale e 54,5 miliardi per quella trentennale.
Eurobond a rischio di credito zero
Per l’Eurobond a 30 anni è stata fissata la scadenza 4 ottobre 2052 con cedola 2,50%. Il prezzo di emissione è risultato sotto la pari, per cui il rendimento lordo è stato di 2,583%, +45 punti base sul tasso “mid swap” e +83,5 sul Bund 2052. Considerate che il BTp a 30 anni dell’Italia in questa fase sta offrendo intorno al 4%. E già basterebbe per molti di voi per snobbare l’emissione di Bruxelles. Vi chiederete perché mai inserire in portafoglio un asset meno redditizio, quando in casa ne abbiamo uno più generoso.
La risposta risiede nelle caratteristiche stesse degli Eurobond. Essi sono titoli emessi dall’Unione Europea, un’entità sovranazionale con rating tripla A. Per i mercati il debito di Bruxelles ha rischio zero. Esso è emesso a nome di tutti gli stati comunitari, che lo garantiscono. Tra questi vi sono paesi come Germania, Finlandia, Olanda e Lussemburgo, giudicati massimamente affidabili sul mercato dei capitali.
Differenze con BTp
Acquistare l’Eurobond 2052 non è la stessa cosa che acquistare un BTp 2052, pur a parità di tassazione di favore. Compri il bond italiano per ottenere un rendimento elevato nel lungo termine, mentre guardi più al primo se intendi tenere elevata la qualità del portafoglio. Entrambi, però, offrono possibilità speculative.
Infine, l’Eurobond si mostra molto meno volatile dei BTp. E’ pur vero, però, che durante le fasi di espansione dell’economia, il mercato scarta i “safe assets” verso cui si era diretto nelle fasi avverse (“fly to quality”). In generale, tuttavia, i portafogli degli investitori istituzionali non fanno mai a meno di questi titoli per ragioni regolamentari e di fiducia della clientela. Il quasi 2,60% dell’Eurobond trentennale appare oro, insomma, persino in una fase di alta inflazione come questa.