E gli Eurobond resuscitano con il ritorno di Trump alla Casa Bianca

Si tornerà a parlare di Eurobond con la vittoria di Donald Trump alle elezioni Usa. Per Bruxelles già scatta il conto alla rovescia.
2 mesi fa
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Eurobond di nuovo al centro delle attenzioni a Bruxelles
Eurobond di nuovo al centro delle attenzioni a Bruxelles © Licenza Creative Commons

Non è più tempo di illusioni. L’Unione Europea non avrà un amico alla Casa Bianca per i prossimi anni. La vittoria di Donald Trump, per quanto ampiamente attesa, scombina diversi piani a Bruxelles, costretta a rivedere diverse sue posizioni. Due i capitoli su cui saranno accesi sin da dubito i riflettori: Ucraina e dazi. Il presidente eletto chiede che gli alleati della Nato destinino almeno il 2% del Pil alla spesa militare, come da accordi. Ma il piatto piange. I governi comunitari sono costretti a ridurre i deficit di bilancio e i margini per ottemperare alla richiesta degli Stati Uniti sono molto stretti, per non dire nulli.

Ecco la ragione per cui gli Eurobond, da spacciati quali erano considerati fino a ieri, riprenderanno vigore nei prossimi mesi.

Eurobond per sgravare i bilanci nazionali?

Tanto per fare un esempio, l’Italia dovrebbe aumentare il proprio budget in favore della difesa di oltre 10 miliardi di euro all’anno. Commentando il risultato elettorale, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, si è chiesto come sia possibile aumentare la spesa militare contestualmente alla necessità di tagliare il deficit, come richiesto da Bruxelles. Per questo ha prospettato la soluzione di tenere questa voce del bilancio all’infuori del calcolo ai fini del Patto di stabilità.

Nord Europa contrario a debito comune

Una soluzione percorribile, ma il guaio è che il deficit salirebbe ugualmente. Anche se tollerato dalla Commissione, non è detto che lo stesso farebbero i mercati finanziari. Anche perché la difesa non è l’unica voce di spesa da aumentare. Ci sono gli investimenti legati alla transizione energetica da finanziare. Con il ritorno di Trump o si mette mano al complesso delle regole già approvate per rallentarne l’attuazione o bisognerà prendere atto che non vi siano margini fiscali nei bilanci degli stati nazionali.

Con gli Eurobond l’Unione Europea riuscirebbe ufficialmente a tenere ferme le sue posizioni.

Le emissioni di debito comune sgraverebbero i bilanci degli stati. I mercati si mostrano ben volenterosi di finanziarle, ma le resistenze vengono da Nord. La Germania insieme agli altri paesi frugali si oppongono all’ipotesi di mutualizzare i rischi fiscali insieme ai partner del Sud. Si tratta di stati con disponibilità di bilancio e che, pertanto, avrebbero persino la convenienza a lasciare le cose come stanno per battere gli altri sul tempo nella corsa alla riqualificazione delle filiere produttive.

Unione Europea al test di sopravvivenza

Il punto è che per l’Unione Europea la questione è di vita o di morte. Senza Eurobond non ci sarà alcuna capacità di reazione comune alle sfide che la nuova amministrazione americana porrà ai suoi stessi alleati. Pur restando forza fondamentale dell’area, la Germania non è la leader di un tempo. Ha un governo debolissimo e rischia di avere instabilità politica anche dopo le prossime elezioni, anticipate o meno che saranno. Intanto, la Francia è entrata da mesi nel mirino dei mercati per i suoi squilibri fiscali. L’asse franco-tedesco traballa o, per essere più precisi, ancora esiste, ma conta molto meno che in passato.

Il Rapporto Draghi è stato cestinato un secondo dopo essere stato presentato dal suo relatore. Troppo centralistico, burocratico e scarsamente politico, anche se l’analisi delle criticità europee era azzeccata. Gli Eurobond erano stati prospettati dall’ex premier italiano, pur non citati con il proprio nome. Dalla Commissione stessa è arrivata nelle scorse settimane l’apertura a un prolungamento delle emissioni anche dopo la fine del Next Generation EU, così da garantire maggiore liquidità e certezze al mercato.

Eurobond tema controverso

Il problema vero degli Eurobond, tuttavia, è un altro. Trattandosi di debito comune, in assenza di entrate proprie è come se non avesse un padre e una madre.

E quando si è figli di nessuno, non ci sono garanzie credibili alla lunga per i creditori. Il tema dovrà essere affrontato seriamente rispetto anche all’eventualità capacità impositiva diretta dell’Unione Europea. E qua i tentennamenti sarebbero non soltanto al Nord. Vi immaginate una Commissione che applica imposte ai cittadini? E’ l’altra faccia del debito comune. Sembra un’ottima idea finché nessuno paga.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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