Non è stato un vertice facile per il Consiglio europeo di giovedì e venerdì scorsi. I capi di stato e di governo dell’Unione Europea si sono ritrovati niente di meno che a discutere della possibilità di una guerra diretta con la Russia. Non era mai accaduto prima dal secondo conflitto mondiale. E dalla Commissione l’invito a prepararsi è esplicito. Il motto latino “si vis pacem, para bellum” (“se vuoi la pace, prepara la guerra”) è diventato il leitmotiv delle istituzioni comunitarie in questa fase.
Germania contraria agli Eurobond
L’Italia non ha dato un assenso esplicito, vuoi perché Macron non si rivela nostro amico nei consessi internazionali e vuoi anche perché la premier Giorgia Meloni, che è anche leader di turno del G7, intende mantenere buone relazioni con paesi ostili alla proposta come la Germania. Tuttavia, il vice-premier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha definito quella sugli Eurobond “un’idea buona”.
Si tratta di debito comune. Più volte ce ne siamo occupati e più volte vi abbiamo raccontato quali sarebbero le criticità sul piano tecnico. L’Unione Europea s’indebiterebbe sui mercati senza avere alcuna capacità impositiva. Già lo fa con il Next Generation Eu, ma ad oggi le sue esposizioni sono risibili rispetto al Pil dell’area. Se iniziassero a salire vertiginosamente, prima o poi qualcuno si chiederebbe con quali strumenti intenda pagare. Non è in dubbio la capacità di Bruxelles di restituire i prestiti ricevuti, anche se la scarsa convinzione politica di alcuni suoi stati membri discredita l’intero impianto.
S’impone un cambio di narrazione
Le emissioni di Eurobond hanno rating tripla A grazie all’affidabilità creditizia della Germania, che è anche il paese più recalcitrante ad avallare simili strumenti finanziari. Non vuole indebitarsi insieme agli altri partner, preferendo “ognuno per sé e Dio per tutti”. Nulla di nuovo sotto il cielo. Ma esistono anche due grandi questioni etiche ad incidere sulle trattative tra stati. E tra di loro sono strettamente connesse. La prima riguarda come la finanza valuterebbe una simile operazione. Da anni abbiamo intortato l’opinione pubblica con la “finanza sostenibile”, l’etica, spingendo progressivamente i grandi fondi d’investimento privati e sovrani ad allontanarsi da settori “sporchi” come il petrolio, le armi e il tabacco.
La virtù vera o presunta ha preso il posto della redditività, perlomeno è quanto ci vorrebbero fare credere dalle case d’investimento. Sappiamo che non è così, ma la finzione ha funzionato agli occhi del mercato con la corsa al green, che altro non è stata ad oggi una gigantesca presa in giro. In gergo, lo definiscono “greenwashing“. Il problema è che gli Eurobond sarebbero a tutti gli effetti obbligazioni di guerra. Giustificabilissime eticamente, visto che abbiamo i russi alle porte e dovremmo pur sempre difenderci. Tuttavia, il cambio della narrazione sarebbe complicato da giustificare, anche perché l’opinione pubblica rimane divisissima e impreparata agli eventi.
Possibile reazione negativa del mercato
Non c’è il rischio che le banche d’affari e i fondi ci dicano “sorry, no money for wars”? Scenario estremo, capiamoci. Ma non è escluso che accada su pressione proprio di quella miriade di piccoli investitori che alimentano i capitali dei mercati finanziari. Un effetto boomerang dopo decenni di finto-pacifismo profuso a piene mani dagli stessi governi e partiti, che oggi si rivelerebbero “guerrafondai” agli occhi di gran parte del loro elettorato.
Anche perché abbiamo escluso sinora le emissioni di Eurobond a favore della crescita. Sarà molto difficile spiegare ai cittadini europei, anzitutto, che il debito comune andrebbe bene per finanziare il riarmo, mentre quando c’era e ci sarà di sostenere la crescita economica non si può avere. I tedeschi metterebbero in croce i loro rappresentanti: perché avallare l’irresponsabilità fiscale dopo averla rifiutata per anni in relazione a possibili politiche di sostegno al Pil europeo?
Eurobond di guerra avallo a debito comune su tutte le spese
Un eventuale “ja” agli Eurobond per la difesa spalancherebbe le porte alle emissioni di debito comune per ogni altro capitolo di spesa. Ecco spiegata l’opposizione di Berlino anche dinnanzi alla necessità impellente di reagire alla minaccia russa. Diversamente, si aprirebbero i rubinetti comunitari senza più la possibilità di richiuderli. Parte delle spese ad oggi caricate sui bilanci nazionali sarebbe trasferita in capo a una fantomatica entità sovranazionale garantita dai contribuenti del Nord Europa per via dei migliori rating. Chissà, magari prima o poi avverrà. Ma occorrerà forse prima vedere scorrazzare i carri armati russi verso altre mete del Vecchio Continente.