Cosa può fare l’Europa per reagire ai dazi americani? Il presidente Donald Trump ha annunciato nel corso di una diretta televisiva di mercoledì scorso una tariffa di base del 20% sulle merci importate dall’Unione Europea. Su acciaio, alluminio e auto sale al 25%. Una batosta per l’economia continentale basata sulle esportazioni. Una decisione “terribile per milioni di persone” l’ha definita la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. La tedesca ha da un lato promesso una risposta a Washington, dall’altro ha aperto al negoziato.
Sui dazi Europa senza fretta
Mentre il presidente Emmanuel Macron ha chiesto sin da subito una reazione dura dell’Europa ai dazi, a Bruxelles prevale la calma. Posizione condivisa dalla premier italiana Giorgia Meloni, che ha rimarcato come sia necessario evitare di reagire in maniera istintiva e meglio sarebbe, invece, avviare subito le trattative per puntare a convincere l’alleato americano a rivedere la propria scelta.
Che non ci sarà alcuna reazione immediata lo lasciano intende la decisione di von der Leyen di replicare tra fine aprile e inizio maggio.
Rischio crisi per economia europea
L’attendismo può essere considerato un segno di debolezza quando si combatte sul campo di battaglia, ma spesso può rivelarsi saggio. Per prima cosa, alzare i dazi sulle merci americane si tradurrebbe in un aumento implicito dell’inflazione per famiglie e imprese in Europa. Un autogol. A quel punto, la Banca Centrale Europea (BCE) non potrebbe più tagliare i tassi di interesse e i governi si ritroverebbero a gestire costi per indebitarsi più elevati, disponendo di minori margini per sostenere le rispettive economie.
Sarebbe la recessione. Come dire che per fare un dispetto alla moglie, il marito si taglia gli attributi.
C’è di più: dagli USA importiamo soprattutto energia (petrolio e gas), componenti per auto, farmaci, insomma tutta roba sensibile e destinata perlopiù alla produzione. Addirittura, come beau geste la Commissione penserebbe persino di tagliare i dazi su alcune merci americane. In questo modo, si presenterebbe alla trattativa con Trump da una posizione più credibile, se non di forza vera e propria.
Mercati in fibrillazione arma di pressione
L’attendismo al posto dell’isteria, dettata in molti casi più dall’antipatia per Trump che non dalla valutazione degli interessi in gioco, può rivelarsi la scelta più saggia per una ragione sopra ogni altra: i mercati. Lasciamo che nelle prossime settimane le borse dicano la loro, si sfoghino e facciano così pressione sull’opinione pubblica americana e lo stesso governo per rivedere le posizioni sui dazi. E’ ancora troppo presto per metabolizzare.
I dazi sull’Europa e al resto del mondo si tradurranno per i consumatori americani in maggiori costi di importazione, cioè in un aumento dell’inflazione. Ma serve tempo. Nessuno immagina di rispondere tra un anno, mentre meglio sarebbe prendersi alcune settimane o qualche mese. Quando il “dolore” sarà arrivato nelle case degli americani e farà saltare dalla sedia milioni di famiglie, quello è il momento adatto per agire.
Europa sui dazi può e deve attendere
Se l’Europa oggi reagisse d’istinto sui dazi con contro-dazi, l’euro tornerebbe a indebolirsi e il dollaro a rafforzarsi. Ciò mitigherebbe i costi a carico dell’economia americana e, tutto sommato, Trump si presenterebbe più forte alle trattative. Dunque, l’isteria non paga. Non a caso la Germania, che in un primo momento sembrava sposare la linea dura della Francia, si è posizionata su più miti consigli insieme all’Italia. Trattasi delle due principali economie esportatrici nette verso gli USA. Parigi ha un saldo commerciale negativo, forse anche per questo alza la voce e si agita senza porsi troppi problemi.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
L’euro più debole favorisce l’export europeo, e svantaggia l’import.
Non capisco come ciò potrebbe favorire Trump.
Intende probabilmente il livello dei prezzi. Moneta forte, inflazione più debole