Il recente caso di Dj Fabo ha riscatenato il dibattito sull’eutanasia, vietata in Italia. In questa sede non affronteremo la questione dal punto di vista morale o religioso e soprattutto non faremo gossip intorno a questo caso mediatico che però, stando ai numeri, non rappresenta un’eccezione ma cercheremo di capire meglio come funziona l’eutanasia, letteralmente “morte dolce”, dal punto di vista normativo ed economico-fiscale. Sono in molti, anche solo per semplice curiosità, a chiedersi oggi: “quanto costa morire all’estero?”.
Testamento biologico, eutanasia e suicidio assistito: differenze e normativa
Che il nostro Paese in questa materia sia indietro dal punto di vista normativo è un dato innegabile: mancano leggi sul testamento biologico e ancora più lontana è la strada per il riconoscimento di eutanasia o suicidio assistito. Non bisogna confondere le fattispecie: ad oggi in Europa solamente il Belgio, l’Olanda e il Lussemburgo riconoscono l’eutanasia attiva (ovvero quella in cui è il medico a somministrare direttamente la sostanza che porta alla cd morte dolce). In Francia, Spagna o Regno Unito è permessa solo l’eutanasia passiva, che si concretizza nella sospensione delle cure o delle terapie necessarie a tenere in vita il paziente. Superando i confini europei è possibile richiedere l’eutanasia a pagamento in Cina, Colombia, Giappone e in alcuni Stati americani, ad esempio in Oregon. Oltre al prezzo però ci sono requisiti imposti agli stranieri: in alcuni casi è richiesta la residenza.
Eutanasia, quanto costa e perché molti scelgono la Svizzera
Molti scelgono la Svizzera perché il suicidio assistito è riconosciuto anche ai non residenti. La procedura costa circa 10-13 mila euro. La differenza rispetto all’eutanasia attiva è che i farmaci devono essere assunti autonomamente.
In Italia ad oggi non è ammessa nessuna di queste possibilità, così come in Irlanda, Polonia e Grecia (sebbene, secondo un recente sondaggio del The Economist, più del 60% degli italiani sarebbe a favore).