Che la battaglia sarebbe stata dura, lo sapevamo tutti. Che la candidatura di Roma sarebbe stata snobbata, non ce lo aspettavamo. Ieri, a Parigi è andata in scena l’umiliazione della Città Eterna. Ad ospitare Expo 2030 sarà Riad, la capitale dell’Arabia Saudita, che ha raccolto ben 119 voti tra i delegati internazionali, superando i due terzi necessari per evitare il ballottaggio. E fino a qui si tratterebbe solo di una sconfitta bruciante. Il fatto è che Roma ha ottenuto appena 17 preferenze, scavalcata da Busan con 29.
Expo 2030, Massolo parla di corruzione
Se giustamente vi starete chiedendo cosa o dove sia Busan, non fatevi problemi. Fino a ieri era una città sudcoreana nota quasi esclusivamente ai residenti. Eppure è riuscita a prendere più voti di Roma per Expo 2030. Com’è stato possibile? Giuseppe Massolo, ambasciatore e presidente del Comitato promotore, ha parlato di “deriva mercantile”. Papale papale ha fatto presente che i sauditi si sarebbero comprati i voti. Letteralmente.
Vision 2030 del principe MbS
Nessuna grande novità neppure qui. L’assegnazione delle grandi manifestazioni internazionali è sempre oggetto di forti appetiti economici e attira tentativi di corruzione più o meno palesi. Basti pensare cosa accadde con i mondiali di calcio in Qatar. In manette finì niente di meno che una stella del calcio come Michel Platini, ex presidente Uefa. E’ probabile che non sapremo mai se realmente Riad si sia comprata Expo 2030. Una cosa la conosciamo già: la Vision 2030 del principe Mohammed bin Salman.
Fu svelata nella primavera del 2016 ed è un ricco cronoprogramma per portare l’economia nazionale a sganciarsi dal petrolio entro la fine di questo decennio. Come? Attraverso numerose micro-riforme e diversificando le attività di produzione. Negli ultimi tempi, anche per “ripulire” e svecchiare l’immagine del regno, questi sta puntando sullo sport, calcio in primis. Expo 2030 servirà a Riad per lanciarsi definitivamente quale capitale internazionale dell’economia e della finanza.
Roma senza visione e UE inesistente
A Roma, a parte le valigette piene di dollari, è mancata una sua “vision”. La Città Eterna punta stancamente sul suo glorioso passato per cercare di tenere viva la fiamma della passione tra gli stranieri. Ma il mondo cambia, cammina veloce e ha bisogno di sogni nuovi. La nostra Capitale non ha ovviamente nulla da invidiare alle altre grandi città del pianeta, solo che va confezionata meglio per essere esposta dinnanzi ai possibili acquirenti. Forse non sarebbe bastato ugualmente, anzi quasi certamente è così. Ma non ci abbiamo neppure provato sul serio.
Tra le altre cose, l’assegnazione di Expo 2030 a Riad svela l’inesistenza dell’Unione Europea. La Francia aveva annunciato pubblicamente il suo sostegno alla capitale saudita, in ciò confermando che non esista alcuna solidarietà intra-europea. Anzi, piuttosto che far vincere il vicino di casa, in Europa si preferisce che ad esultare siano paesi lontani, fossero anche distanti culturalmente e sul piano geopolitico. Ma una Unione Europea così cosa ci sta a fare?
Expo 2030, grosso giro di affari
Roma avrebbe potuto attirare un giro di affari stimato in oltre 50 miliardi di euro. Cifre opinabili, ad essere sinceri. Expo 2030 avrebbe fatto nascere 11 mila aziende e creato 300 mila posti di lavoro. Soprattutto, sarebbe stata riqualificata l’area di Tor Vergata. Anche su questo punto, tuttavia, bisogna fare qualche riflessione. Ogni volta che l’Italia si candida ad ospitare un evento internazionale, si sostiene che esso serva per rilanciare o riqualificare questa o quell’area. Ma se tutti riconosciamo la bontà dell’operazione, perché dovremmo subordinarla a un palcoscenico internazionale? Le opere pubbliche o servono o non servono.
E’ come se l’Italia avesse bisogno di una giustificazione per investire, quando altrove i piani di riqualificazione urbana sono all’ordine del giorno e non aspettano alcun evento mondiale.