In seguito ad un errore di calcolo del monte compensi che conseguito lo scorso anno ero convinto di rispettare i requisiti per accedere al regime forfetario; da qui le prime fatture che ho emesso quest’anno non recano l’addebito dell’Iva.
Come posso correggere le fatture già emesse? In assenza dei requisiti previsti, posso continuare ad operare in forfettario e poi uscire dal prossimo anno?
I requisiti per accedere al regime forfettario e le cause di esclusione
Possono accedere al forfettario, Legge 190/2014, i titolari di partitiva iva che nell’anno precedente di accesso al regime, hanno:
- conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 euro (se si esercitano più attività, contraddistinte da codici Ateco differenti, occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate,
- sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro di terzi, compresi dipendenti e collaboratori.
Le cause di esclusione
Non possono accedere al regime forfetario:
- le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
- i non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato;
- i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
- gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari ovvero che controllano direttamente o indirettamente SRL o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente;
- le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
- coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro.
Tale ultima causa di esclusione non si applica nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato.
Le semplificazioni fiscali in materia di Iva
Il comma 58 della legge sopra citata dispone che:
i contribuenti in regime forfetario non addebitano l’Iva in rivalsa né esercitano il diritto alla detrazione dell’imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti nazionali, comunitari e sulle importazioni.
Pertanto, le fatture emesse non recano l’addebito dell’Iva.
Da qui, i forfettari sono esonerati dalla:
- registrazione delle fatture emesse (articolo 23 del D.P.R. n. 633 del 1972);
- registrazione dei corrispettivi (articolo 24del medesimo D.P.R.);
- registrazione degli acquisti (articolo 25 del medesimo D.P.R.);
- tenuta e conservazione dei registri e documenti (articolo 39 del medesimo D.P.R.), fatta eccezione per le fatture e i documenti di
- acquisto e le bollette doganali di importazione;
- dichiarazione e comunicazione annuale IVA (articoli 8 e 8-bis del D.P.R. n. 322 del 1998).
L’errata applicazione del regime forfettario
La perdita dei requisiti in corso d’anno comporta la fuoriuscita dal regime dall’anno successivo. Dunque, se a gennaio 2021 ho i requisiti per accedere al regime forfettario, ma ad esempio a settembre mi accorgo di aver superato il monte ricavi/compensi di 65.000, uscirò dal regime dal 2022.
Da qui, il lettore dovrà rettificare le fatture già rilasciate con apposite note di variazione emesse in formato elettronico.
Falsi forfettari: la correzione delle fatture già emesse con le note di variazione
L’Agenzia delle entrate, ha analizzato un caso specifico nella risposta n° 499/2019. In tale sede, è stato chiarito che, in una situazione analoga a quella sopra esposta, le fatture erroneamente emesse secondo le regole del forfettario, possono esser rettificate con le note di variazione.
E’ possibile procedere con una delle seguenti modalità:
- emettendo, ai sensi dell’articolo 26, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, e trasmettendo al committente note di variazione in aumento, ad integrazione delle fatture originarie, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’erario ed esponendo la ritenuta d’acconto;
- emettendo, ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, e trasmettendo al committente note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’erario ed esponendo la ritenuta d’acconto.
Le ritenute d’acconto potranno essere recuperate in dichiarazione solo al ricorrere di precise condizioni:
- devono essere effettivamente trattenute dal sostituto d’imposta (il committente nel suo caso);
- se il sostituto non la versa, colui che l’ha subita non è solidamente responsabile.
Come da risoluzione n 68/E 2009,
anche in assenza della certificazione rilasciata dal sostituto, il sostituito può scomputare dall’imposta sul reddito delle persone fisiche le ritenute subite sui redditi di lavoro autonomo o d’impresa, a condizione che “sia in grado di documentare l’effettivo assoggettamento a ritenuta”.
Seguendo passo per passo le indicazioni fin qui analizzate potrà regolarizzare la sua posizione con il Fisco.